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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2011 alle ore 06:38.

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ROMA
I festeggiamenti per il compleanno più che sollecitarli li ha subiti. In questi giorni Silvio Berlusconi ha ben poco di cui rallegrarsi. Nonostante il voto di fiducia raccolto l'altro giorno dal ministro dell'Agricoltura Saverio Romano, il premier sente sempre più friabile il pavimento sotto i suoi piedi. Ieri Santo Versace, titolare assieme alla sorella dell'omonima griffe dell'alta moda, ha lasciato il Pdl per approdare momentaneamente al gruppo misto. Un gesto annunciato: il giorno prima non si era presentato per la fiducia a Romano perché – come ha spiegato ieri – non avrebbe potuto votare per sostenere un ministro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. «Sono giornate intense e per certi aspetti turbolente», ha notato ieri un solitamente compassato Gianni Letta. E un altro segnale dello "sbandamento" della maggioranza viene dalla Camera, dove il Governo è stato battuto per 24 voti su un ordine del giorno del Partito democratico al testo sulla ripartizione della quota dell'8 per mille destinato allo Stato.
L'addio di Versace per ora resta un caso isolato che tuttavia non viene sottovalutato. Il malessere dentro il partito del premier è forte e non basta certo la festa offerta l'altra sera da Alessandra Mussolini a Berlusconi per cancellarlo. «Nel governo tutti vogliono bene a Berlusconi ma non lo vuole più nessuno, è il momento di passare la mano e di godersi la vita», dice Versace parlando a La Zanzara su Radio 24. Il deputato ex Pdl invita il Cavaliere, nel giorno del suo 75mo compleanno, ad andare «in pensione» ai Caraibi perché – sostiene – «è finita». Parole dure, pronunciate ad alta voce ma che altri da tempo sussurrano dietro il paravento dell'anonimato. Il rischio che la diga si possa rompere non è solo uno spauracchio. «Se alle parole seguissero i fatti, ci sarebbero almeno quindici persone che verrebbero con me nel gruppo Misto lasciando il Pdl», avverte Versace. Qualche movimento si avverte, anche se non tra le prime file. Comincia a circolare il nome dell'ex comandante della Guardia di Finanza Roberto Speciale, divenuto noto alle cronache perché si era fatto inviare in Trentino carichi di spigole con un aereo delle Fiamme Gialle. E anche quello del responsabile Gerardo Soglia. Probabilmente per ora si tratta solo di qualche mal di pancia isolato e recuperabile. Come dice infatti Giuseppe Pisanu, senatore del Pdl e presidente della commmissione Antimafia che ha chiesto apertamente il passo indietro al Cavaliere, «il dissenso è certamente più vasto di quanto appaia», ma se non si è manifestato è perché ancora non si sono «non si sono verificate le condizioni favorevoli perché ciò accada». Tant'è che lo stesso Pisanu per ora è intenzionato a restare nel Pdl.
Movimenti però ce ne sono anche a Palazzo Madama. Un gruppo di oltre 10 senatori sarebbe pronto a marcare i propri distinguo con un'azione pubblica. Di questo gruppo, oltre allo stesso Pisanu, farebbero parte tra gli altri anche Lamberto Dini, Franco Saro, Paolo Amato e Piergiorgio Massidda. L'obiettivo è superare lo stallo attuale, garantendo una sorta di transizione fino alla fine della legislatura, garantendo contemporaneamente al Cavaliere una via d'uscita. Berlusconi continua infatti a ripetere di sentirsi un «perseguitato». Il premier teme che dalle procure escano nuove carte e per questo punta tutto sull'accelerazione del ddl intercettazioni, che avrà la priorità anche rispetto ai provvedimenti sulla crescita. Una strategia che non tutti condividono. «Rischiamo di venire additati ancora una volta come quelli interessati solo a salvaguardare la casta e Berlusconi», ammette un deputato che però non vede al momento soluzioni alternative: «Nessuno ha il coraggio di muoversi. Versace? È un pesce troppo piccolo, non sarà lui ad aprire la falla ma prima o poi succederà...». Ma c'è anche chi invece è convinto che l'unica cosa da fare al momento sia rilanciare sul fronte delle riforme. A partire da quella istituzionale, apripista anche della probabile modifica della legge elettorale. E sarà proprio sulla modifica del sistema di voto che potrebbero crearsi le condizioni per il cambiamento. Nel Pdl sono infatti tutti consapevoli che senza il terzo Polo il centrodestra è destinato a perdere. Ma Casini e Fini sono stati chiari: «Per cominciare a parlarne, Berlusconi deve fare un passo indietro».
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