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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2011 alle ore 07:43.

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MILANO - «È uno schiaffo alla Corte costituzionale». Attorniato dalle telecamere, il volto provato di Niccolò Ghedini esprime da solo il senso della giornata che si è appena conclusa. Sono le cinque del pomeriggio e il legale di Silvio Berlusconi si sfoga con i giornalisti davanti al palazzo di giustizia di Milano. Al deputato-penalista non è andata giù la decisione del tribunale di non bloccare il processo Ruby in attesa della pronuncia della Consulta sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera. Parla di schiaffo alla Corte costituzionale, ma è la procura ad aver appena assestato due fendenti alla difesa del presidente del Consiglio. Un secco due a zero per i magistrati di Milano è il bilancio del lungo match giudiziario che si è appena consumato a cavallo tra il terzo e il settimo piano del palazzo di giustizia. Se al terzo si celebrava il processo con rito immediato contro il premier accusato di concussione e prostituzione minorile, al settimo era in corso l'udienza davanti al gup Maria Grazia Domanico contro il trio Emilio Fede, Nicole Minetti, Lele Mora, coloro che quella prostituzione avrebbero reso possibile: i reati contestati ai tre sono induzione e favoreggiamento.

Il verdetto finale della giornata è negativo su entrambi i fronti per la difesa di Berlusconi: al settimo piano il gup decide di rinviare a giudizio i tre indagati e di fissare in tempi rapidi – il 21 novembre – la prima udienza del processo. Al terzo, il collegio presieduto da Giulia Turri, dopo una camera di consiglio durata cinque ore, respinge le richiesta avanzate da Ghedini e da Piero Longo, che avevano chiesto la sospensione del processo fino alla decisione della Consulta prevista per il 7 febbraio 2012 e avevano sollevato eccezione di costituzionalità sulla norma che prevede la sospensione automatica del procedimento soltanto quando sia il giudice a sollevare un conflitto di attribuzione. «La sospensione del processo non è prevista come obbligatoria dal codice», scrivono i giudici nell'ordinanza letta in aula. E quanto all'eccezione di costituzionalità, la questione viene ritenuta «irrilevante e infondata».

Insomma, le tesi di Ghedini e Longo vengono respinte su tutta la linea: il processo Ruby va avanti e le prossime udienze sono già fissate per il 22 ottobre e il 23 novembre. Quattro piani più in alto, nel frattempo, la folla dei cronisti circondava Nicole Minetti che, accompagnata dal padre e dall'avvocato riminese Paolo Righi, si è detta tranquilla anche se provata da una notte insonne. La decisione di intervenire al processo «è dettata dalla volontà di farmi vedere dal giudice», ha spiegato, ma non è stata condivisa dai suoi legali che, al contrario, avrebbero cercato di dissuaderla dal partecipare. Assenti invece Fede e Mora, il secondo detenuto nell'ambito dell'inchiesta che lo vede indagato per la bancarotta fraudolenta della Lm Management, e attualmente ricoverato all'Ospedale San Paolo di Milano per le cattive condizioni di salute. Presenti al settimo piano anche Iman Fadil, 27enne marocchina, una delle 32 ragazze che sarebbero state indotte alla prostituzione, e che ha fatto sapere di essere pronta a costituirsi parte civile. Oltre a lei c'erano anche Chiara Danese e Ambra Battilana, le due ex miss Piemonte, che parti civili lo sono già. Anche in questo caso le eccezioni degli avvocati sono state bocciate dal gup: a cominciare dalla richiesta delle difese degli (ora) imputati di acquisire e trascrivere agli atti tutte le intercettazioni telefoniche effettuate, incluse quelle dei parlamentari.

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