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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2011 alle ore 17:52.

Pugno di ferro in guanto di velluto. Decisione, determinazione e riservatezza in un amalgama di intelligenza e umorismo tagliente. Noto a molti per la legge elettorale in senso maggioritario che porta il suo nome (il cosiddetto Mattarellum), è unanimemente (sia a destra sia a sinistra) riconosciuto come uno dei maggiori esperti di problemi costituzionali.
Sergio Mattarella, prossimo giudice della Corte Costituzionale, da sempre democristiano di sinistra, sale alla ribalta della politica nazionale nei primi anni Ottanta, dopo l'omicidio del fratello Piersanti, assassinato dalla mafia quando era presidente della Regione siciliana. Attento alle vicende della sua terra d'origine è stato capace, anche grazie al suo approccio moderato, di uscire indenne dalle intricate faide politiche siciliane.
Moroteo prima, zaccagniniano poi, è stato tra i dirigenti Dc al fianco di Rosy Bindi e di Nino Andreatta nella formazione del Partito popolare. Alle spalle già allora una buona esperienza di governo, come ministro dei Rapporti con il Parlamento nei governi Goria e De Mita e come titolare del dicastero della Pubblica istruzione nel sesto esecutivo Andreotti. Mettersi in mostra non gli è mai piaciuto, eppure ha dimostrato di essere capace di gesti decisi. Come quando nel' 90 si dimise dal governo Andreotti contro la legge Mammì. O come nel '95, quando si oppose a Rocco Buttiglione che era pronto ad allearsi con Silvio Berlusconi. Per essere, qualche mese più tardi, uno dei primi nel centrosinistra a sottoscrivere la candidatura a premier di Romano Prodi.
Qualche anno dopo fu vice di D'Alema presidente del Consiglio e poi ministro della difesa. Incarico che gli fu confermato pure nel successivo governo Amato.
Che la mediazione sia parte consistente del suo Dna lo rivela senza ambiguità il tono di voce: mai troppo alto. Gentile, cortese, con un senso dell'umorismo graffiante, è considerato un uomo d'ordine e di garanzia. Nel suo cammino è stato accompagnato non solo dall'ombra del fratello assassinato dalla mafia, ma anche da quella del padre che quanto a seguito elettorale (in Sicilia) non è mai riuscito ad eguagliare. Tra i fondatori del partito, Bernardo Mattarella è stato una figura di spicco della Democrazia cristiana in Sicilia, accusato di aver avuto rapporti con la mafia, sospetti rivelatisi poi infondati.
Sempre ruvidi i rapporti di Sergio Mattarella con Silvio Berlusconi.
A partire dall'opposizione alla legge Mammì, fino a quando, tra quelli che ruppero con Buttiglione alleato del Cavaliere disse dell'allora segretario Ppi: «Vuole uccidere il partito». Qualche anno dopo definì l'ingresso di Forza Italia nel partito popolare europeo «un incubo irrazionale». Ma l'attacco più duro a Silvio Berlusconi resta quello lanciato assieme a Nicola Mancino, quando ammonirono l'allora leader di Forza Italia a «non strumentalizzare l'eredità di Alcide De Gaspari», in occasione della commemorazione per il 45 anniversario della morte dello statista.
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