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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2011 alle ore 08:19.
L'ultima modifica è del 06 ottobre 2011 alle ore 08:20.

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L'Eurozona sta riuscendo ad allontanarsi dal baratro? Forse sì, perché stanno emergendo i contorni generali di un nuovo approccio per risolvere la crisi del debito, e c'è una componente fondamentale che finora mancava. Anzi, è stata proprio l'assenza di questa componente che durante l'estate ha innescato l'allargamento della crisi finanziaria dai piccoli Paesi della periferia dell'euro, come Grecia, Irlanda e Portogallo, a Nazioni fondamentali per la tenuta del sistema, come Italia e Spagna.

Il contagio è cominciato quando gli investitori si sono resi conto che il fondo di salvataggio dell'Europa, l'Efsf (Fondo europeo per la stabilità finanziaria), era stato congegnato in modo tale da poter sostenere finanziariamente solo i Paesi periferici. Non ha e non ha avrà mai risorse sufficienti per gli acquisti di titoli di Stato necessari per stabilizzare i mercati di grandi economie come Spagna e Italia. L'Efsf, nella migliore delle ipotesi, potrà contare su 440 miliardi di euro (qualsiasi incremento metterebbe a rischio il rating tripla A della Francia), mentre il debito pubblico di Spagna e Italia insieme supera i 2mila miliardi.

All'inizio di agosto, l'effetto domino delle crisi debitorie nei Paesi della periferia dell'euro si è messo in moto perché i mercati, invece di aspettare il progressivo declassamento dei vari Paesi, tendono ad anticipare il finale, o almeno un potenziale scenario, nel caso specifico lo sfilacciamento di tutta la struttura per il contenimento della crisi. I mercati si sono accorti che l'euro sembrava preso fra l'incudine (la limitata capacità di intervento dell'Efsf) e il martello (la grande riluttanza della Bce a impegnarsi in acquisti su larga scala di titoli di Stati in difficoltà). In seguito si è scoperto che il martello-Bce, se non di gomma, quantomeno non era di acciaio, anche se Francoforte ha sottolineato che cesserà i suoi interventi non appena il l'Efsf diventerà operativo; e considerando la limitata potenza di fuoco di quest'ultimo, questo vorrebbe dire che il mercato rimarrebbe senza supporto.

L'eurozona ha bisogno di un "puntello" di liquidità che dia credito alla sua autorità finanziaria. In un'economia "normale", le autorità pubbliche non si trovano mai a corto di liquidità, perché il Governo può sempre contare, almeno potenzialmente, sul supporto della Banca centrale. Un Governo nell'eurozona, invece, si trova sempre in una situazione precaria: ha attività molto a lunga scadenza (il suo potere di imposizione fiscale) e passività a più breve scadenza, in particolare il debito pubblico, che deve essere rifinanziato per la gran parte ogni anno. Se gli investitori rifiutano di comprare titoli di Stato a qualsiasi condizione, anche un Governo oculato nella gestione dei conti pubblici può trovarsi a corto di liquidità e diventare insolvente.

Allo stesso modo, le banche hanno passività a breve scadenza (i depositi) e attività a lunga, che non possono trasformare in liquidità in tempi rapidi senza incorrere in grosse perdite. Ecco perché tutti i Paesi garantiscono un sostegno di emergenza quando si materializza una crisi di panico, come è stato fatto su scala globale quando è precipitata la fiducia nelle banche dopo il fallimento Lehman, nel 2008.

Anche l'eurozona ha bisogno di un meccanismo analogo. Per fare questo è necessario che le autorità di bilancio abbiano a disposizione fondi cospicui a cui attingere in caso di emergenza. Solo la Bce può fornire questa garanzia. La buona notizia è che sta lentamente prendendo forma una soluzione tale da consentire alla Bce di supportare l'Efsf. Per riuscirci, potrebbe essere sufficiente registrare l'Efsf come una banca, che in questo modo potrebbe rifinanziarsi presso la Bce alle stesse condizioni delle banche normali. L'Efsf potrebbe poi operare acquisti di titoli di Stato su vastissima scala, potenziando i propri fondi limitati grazie al supporto della Bce e dando a garanzia i titoli di Stato che acquista.

Sapendo che un ammanco di liquidità non è più possibile, gli investitori si asterrebbero da attacchi speculativi contro i Paesi solventi. La situazione di quasi panico sui mercati finanziari si è placata appena si è sparsa la voce che dietro le quinte si stava quantomeno discutendo di questa soluzione. Ora bisogna attuarla. Come sempre, in Europa, ci sono ostacoli giuridici e politici al cambiamento. Ma anche i politici più riluttanti riconoscono che non agire comporta costi troppo grandi. Gli ostacoli giuridici al potenziale "finanziamento monetario" del settore pubblico contenuti nei trattati dell'Unione europea possono essere superati. Solo il Governo tedesco e la Bce possono aprire la porta a questa riforma, sottile ma profonda, delle basi della moneta unica. È una scelta che non possono rimandare ancora a lungo.

(Traduzione di Fabio Galimberti)
© PROJECT SYNDICATE, 2011

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