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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2011 alle ore 19:30.
L'ultima modifica è del 08 ottobre 2011 alle ore 14:18.

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Gianfranco Fini (FOTO/IPP/FANNYCOLETTA)Gianfranco Fini (FOTO/IPP/FANNYCOLETTA)

Angelino Alfano minimizza le divisioni che scuotono il Pdl. «Non sono preoccupato da fronde interne - avverte l'ex guardasigilli da Palermo dove è giunto oggi per l'inaugurazione della sede del coordinamento regionale del partito -. Sono convinto che ci siano dei soggetti importanti anche all'interno del Pdl come Scajola che propongono delle questioni che non vanno sottovalutate. La prossima settimana incontrerò Scajola per valutare insieme quali sono i quesiti politici posti da lui e che non intendiamo sottovalutare». Insomma, per il segretario non ci sono nubi all'orizzionte. Anche se la prossima settimana si annuncia ricca di insidie, a cominciare da quel Ddl intercettazioni su cui oggi si registra l'ennesima stoccata di Gianfranco Fini. «È una legge buona per l'interesse di qualcuno».

Scajola insiste: serve maggioranza parlamentare più ampia
Dissidi interni e sfide parlamentari che costringono Alfano a rassicurare sulla tenuta della maggioranza. Ma l'ex ministro Claudio Scajola insiste per un cambio di rotta e risponde tirando ancora in ballo il Cavaliere. «C'è bisogno di un un governo che abbia una maggioranza parlamentare più vasta per garantire di potere uscire dalla crisi». Ma, aggiunge a Saint Vincent, a margine della convention "Verso un nuovo Pdl" organizzata dagli ex Dc, «Berlusconi è stato il protagonista della vita politica italiana degli ultimi 20 anni e può ancora esserlo nella nuova fase che si deve aprire». Dunque spetta a lui riprendere il timone e correggere la rotta.

Il segretario del Pdl: sì al dialogo con Casini, ma niente bla-bla
Per ora, però, il Cavaliere tace e Alfano non si mostra preoccupato. Anzi è convinto che Silvio Berlusconi riuscirà ad arrivare a fine legislatura. «Al 2013 credo che potremmo arrivare con un ulteriore programma di riforme sintetizzato in tre punti: riforma fiscale, dell'architettura dello Stato e della giustizia». Le priorità, dunque, indicate più volte negli ultimi tempi anche dal Cavaliere, non cambiano. Così come resta l'idea di riaprire un dialogo con l'Udc ma a determinate condizioni. «Vogliamo unire i moderati - spiega Alfano - ma con Casini non deve essere un bla-bla reciproco».

L'appello dell'ex guardasigilli: il Pdl superi la sindrome dello sconfitta
Alfano non sembra quindi impensierito dagli attacchi dell'opposizione e ribadisce la rotta. «Le regole della democrazia funzionano così: chi vince governa per il tempo che la Costituzione gli assegna». Poi, però, riserva una staffilata anche ai suoi. «Oggi con l'inaugurazione di questa sede il Pdl segna un rilancio della nostra azione di governo. La politica si nutre anche di simboli, e anche per questo abbiamo raddoppiato la grandezza della sede regionale del partito a Palermo, per dare il segno di un partito che si rilancia in Sicilia e in tutto il territorio. Il Pdl deve superare la sindrome dello sconfitta».

Fini: se il premier amasse l'Italia si dimetterebbe
Se Alfano si affretta però ad allungare la sopravvivenza del governo, sia il leader dell'Udc che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, insistono per un passo indietro del Cavaliere. «Se Berlusconi amasse l'Italia - ragiona Fini - avvertirebbe l'esigenza di fare un passo indietro e cedere il passo a un nuovo governo. È finito il tempo dell'autocandidatura del "ci penso io" o del "faccio tutto io". Non se ne può più di videomessaggi, di annunci e di promesse non mantenute. Il governo non governa e il premier è in tutt'altre faccende affaccendato», chiosa Fini non risparmiando un affondo contro il Ddl sulle intercettazioni all'esame della Camera. «Non è la migliore legge possibile per l'interesse nazionale, magari è buona legge per l'interesse personale di qualcuno».

Casini: Berlusconi lasci o elezioni nel 2012
Un affondo che segue a poche ore quello lanciato stamane da Casini dalle colonne della Repubblica. «L'unica cosa credibile che il premier possa fare è farsi da parte: non certo per andare in esilio, ma per concorrere in modo diverso alla vita democratica - spiega il leader dell'Udc -. È giunto il momento in cui le forze più serie di destra e di sinistra si facciano carico di un governo di responsabilità nazionale».

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