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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2011 alle ore 08:13.

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ROMA.
«Non condividevo l'opinione del centrodestra sulla giustizia» ecco perché «ho fatto domanda di trasferimento» alla Procura della Repubblica di Bari. Sono stralci inediti dell'audizione del procuratore capo Antonio Laudati il 22 settembre al Csm. Oltre quattro ore per difendersi dalle accuse dell'ex pm e oggi sostituto procuratore generale della Corte d'Appello di Bari, Giuseppe Scelsi, e del tenente colonnello Gdf Salvatore Pagliano: aver rallentato l'indagine sul giro di escort organizzato da Gianpaolo Tarantini al premier Silvio Berlusconi, per motivi politici. Scelsi fa riferimento a una riunione del 26 giugno 2009 nella scuola allievi della Guardia di finanza. Un incontro «che non ritenni essere una formale riunione» disse l'ex pm. In realtà si sarebbe trattato di una riunione operativa a cui presero parte oltre a Laudati, Scelsi e Paglino, anche il generale Vito Bardi, comandante della Gdf per l'Italia Meridionale (indagato per rivelazione del segreto d'ufficio nell'inchiesta P4) e l'ex comandante regionale, il generale Luciano Inguaggiato.
Secondo le denunce - agli atti anche di un'inchiesta alla Procura di Lecce in cui è indagato Laudati - ci sarebbero state pressioni per bloccare l'indagine escort, convogliare le informazioni al generale Bardi e formare un gruppo di finanzieri coordinato direttamente dal procuratore che, sempre secondo le accuse, avrebbe condotto indagini sui magistrati e disposto intercettazioni abusive. «Sono un capro espiatorio» ha detto Laudati al Csm «vittima di accuse false e calunniose. Ritengo di essere stato vittima di un'operazione dietrologica. E se un giorno la Procura di Lecce o chiunque dimostrerà che veramente la riunione è andata come dicono Scelsi e Paglino, per favore nel mio interesse mandatemi in manicomio perché evidentemente ho perso il senno». Aggiunge: «Non c'è mai stata una polizia parallela» o una «struttura che faceva controlli sui pm, che faceva pedinamenti, che faceva intercettazioni abusive. Queste persone – riferendosi all'aliquota della Gdf - hanno aiutato il lavoro dei sostituti e hanno consentito a me di svolgere il ruolo di coordinamento come procuratore».
Le indagini escort e sanità, sottolinea, sarebbero state fortemente compromesse dalla gestione precedente al suo insediamento. «Sono stati commessi degli errori gravi nella conduzione delle indagini» che avrebbero impedito a inchieste «importantissime a cui tutta l'Italia presta attenzione di andare avanti». Secondo il procuratore, infatti, i pm che indagavano sul caso escort a maggio 2009 disposero due perquisizioni. Questa operazione avrebbe compromesso l'intera inchiesta perché «bruciò l'intercettazione del secolo, quella di Tarantini con Berlusconi (…) quella mattina Tarantini ha fatto un sms e l'intercettazione è stata bruciata». Laudati fa un duro affondo all'ufficio Gip di Bari affermando che il «provvedimento» di arresto ai domiciliari per Tarantini, del settembre 2009, «non lo avevo mai letto prima in vita mia (…) mi sembrano gli arresti domiciliari di Panariello, la pubblicità della Wind con i domestici (…) C'era scritto (sul provvedimento, ndr) "con facoltà di frequentazione della casa, degli ospiti…" perché lui era ospite in quella casa… "dei domestici e dei sanitari" perché lui era un cocainomane e poteva avere crisi di astinenza. Onestamente mi sembrò strano». Ieri il procuratore ha espresso «rammarico per il fatto che un'audizione che ritenevo secretata sia stata divulgata a mezzo stampa».
Oggi la procura di Bari dovrebbe trasmettere al gip le conclusioni istruttorie sul faccendiere Valter Lavitola, accusato di aver indotto Tarantini a mentire ai pm nell'indagine escort. Il procuratore aggiunto Pasquale Drago sarà sentito invece martedì dal Csm per il caso Laudati.
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