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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2011 alle ore 08:12.


ROMA
La legge sulle intercettazioni «non è la migliore legge per l'interesse nazionale ma probabilmente lo è per l'interesse personale di qualcuno». Gianfranco Fini è tranchant. Alla vigilia della settimana clou sul ddl intercettazioni, che a partire da mercoledì sarà al voto nell'aula di Montecitorio, il presidente della Camera torna ad attaccare il provvedimento. La maggioranza e il premier vogliono far passare la cosiddetta legge bavaglio, per impedire all'opinione pubblica di essere informata sulle vicende in cui è coinvolto il capo del governo, dice Fini intervenendo alla convention di Fli a Palermo. «Se amasse davvero l'Italia, dovrebbe fare un passo indietro», aggiunge l'ex leader di An rivolgendosi direttamente a Berlusconi. Che però non può sentirlo, essendo ancora impegnato nei festeggiamenti "top secret" di Vladimir Putin in Russia. E invece assistiamo «a un governo che non governa perché il premier è in tutte altre faccende affaccendato», sentenzia Fini, che torna poi a infierire sull'attenzione dedicata dal Cavaliere e dalla sua maggioranza agli interventi sulla giustizia. «Un giorno serve il processo breve, un altro quello lungo a seconda di quello che conviene».
Alle parole del presidente della Camera hanno duramente replicato i capigruppo del Pdl, che tornano ad attaccare il leader di Fli per l'uso improprio del suo ruolo istituzionale. Quella di Fini è una «contraddizione esplosiva», sostiene Fabrizio Cicchitto, in quanto il presidente della Camera interviene «come capo partito su quello che avviene a Montecitorio addirittura per condannarlo». «Le sue sono uscite infelici», ha aggiunto Maurizio Gasparri. Ma è un'accusa che Fli respinge al mittente: «Il Pdl eviti di strumentalizzare» è la risposta di Benedetto Della Vedova che sottolinea come al presidente della Camera sia richiesta l'«imparzialità» e non la «neutralità politica».
Uno scontro che è il prologo di quanto avverrà in aula nei prossimi giorni. L'attenzione in particolare è concentrata sulle norme che introducono il carcere per i giornalisti rei di pubblicare stralci, riassunti o semplicemente di divulgare il contenuto di intercettazioni anche se non più coperte dal segreto istruttorio. All'annuncio del relatore Enrico Costa (Pdl) di essere pronto a «modificare» la norma incriminata, il suo collega Maurizio Paniz, membro della commissione Giustizia del partito e capogruppo Pdl in Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha rilanciato definendo l'eventuale diffusione di notizie «riservate» un illecito «grave» che «non può non essere penalmente sanzionato in modo significativo anche con una pena edittale detentiva».
Mercoledì si capirà quale delle due posizioni risulterà vincente all'interno del partito del premier. E, soprattutto, si potrà saggiare quanto davvero la maggioranza voglia investire su questo provvedimento. L'ipotesi del voto di fiducia che nei giorni scorsi sembrava più che una possibilità, per adesso pare accantonata anche per lo scarso entusiasmo manifestato dalla Lega. Non vengono inoltre sottovalutati anche i distinguo interni allo stesso Pdl. Gaetano Pecorella ha già fatto sapere che qualora il testo non venisse modificato voterà contro: «La parola non può essere messa dietro le sbarre. Anche quando vada oltre i limiti, l'esercizio della libertà di stampa non può essere colpito con il carcere».
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I DLL IN AGENDA

Ddl intercettazioni
Mercoledì si inizia a votare in Aula alla Camera il Ddl che dovrebbe imprimere un giro di vite alla pubblicazione delle intercettazioni. Dopo la presentazione dell'emendamento Costa che impone il divieto di pubblicare le intercettazioni fino all'udienza filtro e prevede il carcere per i giornalisti con conseguenti dimissioni di Giulia Bongiorno (Fli) da relatrice, il Pdl sta cercando di rivedere il testo per raggiungere una mediazione con i settori "centristi" del Parlamento. Molte sono le riserve sul testo manifestate anche all'interno della maggioranza, per questo il provvedimento potrebbe anche essere accantonato su un binario morto
Ddl sulla prescrizione breve
Anche il Ddl sulla prescrizione breve sarà votato a partire da mercoledì. Questo provvedimento è all'esame della commissione Giustizia del Senato. A differenza del Ddl intercettazioni, questo testo è blindato sia nei contenuti che nei tempi di approvazione: Pdl e Lega saranno schierati in massa per respingere i 150 emendamenti dell'opposizione e approvare il Ddl senza modifiche, in modo che l'Aula possa dare il sì definitivo tra fine ottobre e i primi di novembre, prima che a Milano si arrivi alla sentenza. Il Ddl ha infatti come effetto quello di sancire la fine prematura del processo Mills, evitando il rischio di una condanna di Berlusconi per corruzione giudiziaria
Processo lungo
Il Ddl sul processo lungo è per ora in stand by alla Camera. In una delle ultime capigruppo, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha spiegato che, siccome non è ancora cominciato l'esame del testo in commissione Giustizia, sarebbe stato inutile inserirlo nel calendario dei lavori d'Assemblea. Il Ddl dà alla difesa la possibilità di presentare lunghe liste di testimoni, senza che il giudice possa sfoltirle di quelli ritenuti irrilevanti, ma solo delle testimonianze «vietate dalla legge» e «manifestatamente non pertinenti». Il provvedimento sul processo lungo è stato già approvato con un voto di fiducia al Senato

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