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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2011 alle ore 08:11.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Dopo quasi un anno e mezzo di negoziati la classe politica belga ha trovato finalmente un accordo sulla riforma istituzionale del Paese. Ormai l'ostacolo più importante alla nascita di un nuovo Governo è stato superato. Lo sconquasso finanziario di Dexia ha probabilmente indotto l'establishment a un ultimo colpo di reni, pur di evitare il peggio sui mercati.
Elio di Rupo, il socialista vallone che ha ricevuto prima dell'estate il mandato di formare un nuovo Esecutivo, è riuscito nella notte tra venerdì e sabato a trovare un'intesa su una riforma federale, mettendo d'accordo gli otto partiti che potrebbero essere parte di una prossima maggioranza in Parlamento. È la sesta volta dalla fine della guerra che il Belgio mette mano al proprio assetto istituzionale.
Il Paese ha battuto tutti i record, senza un Governo effettivo da quasi 500 giorni, ossia dalle ultime elezioni del giugno 2010. Al potere è rimasto un esecutivo pro tempore, responsabile per gli affari correnti e guidato dal primo ministro democristiano Yves Leterme. Il voto dell'anno scorso ha messo in luce tutte le divisioni geografiche, linguistiche, culturali ed economiche del Belgio.
A vincere lo scrutinio nelle Fiandre è stato il partito separatista N-VA guidato da Bart De Wever, un professore amante di Cicerone, che ha criticato i generosi trasferimenti di risorse dal Nord fiammingo e ricco al Sud vallone e povero. L'N-VA è stato però escluso dalle trattative, e l'intesa raggiunta nella notte di venerdì è stata firmata da otto partiti, francofoni e fiamminghi, democristiani, socialisti, liberali e verdi.
L'accordo prevede che le Regioni - Fiandre, Vallonia e Bruxelles - potranno raccogliere parte del gettito fiscale (per un totale di 10,7 miliardi di euro all'anno) senza passare dal Governo federale. Sia la politica degli assegni familiari che lo stesso codice della strada potranno essere almeno in parte decisi a livello locale. Le Regioni potranno imporre particolari limiti di velocità e incassare le multe.
Trasferimenti di competenza dal centro alla periferia ci saranno anche nel settore della sanità e della politica sociale. I fiamminghi hanno ottenuto un particolare risultato simbolico. I diritti linguistici e amministrativi di cui godono i francofoni nella periferia fiamminga di Bruxelles saranno aboliti. Solo in sei comuni queste prerogative sopravvivranno. La questione ha avvelenato gli animi per decenni.
Secondo le prime dichiarazioni, in attesa della presentazione ufficiale dell'accordo, l'intesa prevede anche l'allineamento delle elezioni regionali e federali. Ambedue si terranno ogni cinque anni (finora il voto nazionale era ogni quattro). I negoziatori hanno fatto di tutto per presentare l'accordo come un successo, ma ieri sera la stampa metteva l'accento sulla complessità dell'intesa.
Peraltro, nonostante l'accordo, la partita negoziale non è terminata. Gli otto partiti che stanno trattando la formazione di un nuovo Governo devono mettersi d'accordo anche sulla politica economica. Il compito rimane arduo. Oltre che con la divisione linguistica, il Paese deve fare i conti anche con una divisione politica sempre più profonda, tra una Vallonia radicata a sinistra e le Fiandre sempre più conservatrici.
Eppure, dietro l'intesa di questo fine settimana si nasconde la comune consapevolezza che la tempesta debitoria potrebbe a un certo punto colpire anche il Belgio, complice l'incertezza politica e il debito elevato. La stessa drammatica situazione in cui versa il gruppo bancario Dexia, sull'orlo del fallimento tanto che si discute la sua nazionalizzazione, ha probabilmente incitato la classe politica a un ultimo sforzo.
Detto ciò, secondo gli stessi negoziatori, ci vorranno ancora tra le due e le tre settimane prima che gli otto partiti giungano a un accordo complessivo sulla formazione di un nuovo Governo. Qualche giorno fa un consigliere onorario di Re Alberto I, Pierre-Yves Morelle, aveva spiegato in televisione che il sovrano, «come molti cittadini», era «stufo» del pericoloso stallo politico.
beda.romano@ilsole24ore.com

A pagina 14
Il commento
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I CONTI
Malgrado l'assenza di un Governo, il Belgio ha visto aumentare il proprio Pil del 2,3% nel 2010 e, secondo le stime, del 2,4% quest'anno, mentre il tasso di disoccupazione è sceso dall'8,5% dell'aprile 2010 al 6,8% di agosto. La crisi della banca franco-belga Dexia e l'impatto della crisi dell'Eurozona hanno però indotto Moody's a minacciare un declassamento del Paese

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