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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2011 alle ore 14:25.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
La giornata uggiosa l'ha spinta a indossare un impermeabile piuttosto goffo e non ha potuto quindi esibire uno dei suoi impeccabili tailleur. Sulla scalinata dell'Eliseo, Christine Lagarde ha però sfoggiato il sorriso. Sorriso di circostanza, certo, ma anche sorriso di soddisfazione.

Il 27 agosto scorso si era attirata durissime critiche da Parigi per aver sostenuto che le banche della zona euro, francesi comprese, avevano bisogno di una urgente ricapitalizzazione. Il presidente Nicolas Sarkozy e il neo ministro dell'Economia François Baroin, i quali continuavano a ripetere che gli istituti di credito avevano brillantemente superato gli stress test ed erano adeguatamente capitalizzati, si erano sentiti in qualche modo traditi. Smentiti proprio dalla signora che per diventare direttore generale dell'Fmi (su pressione della Francia) aveva appena lasciato Bercy.

Oggi, un mese e mezzo dopo, tutti dicono che le banche vanno ricapitalizzate. Si tratta semmai di concordare le modalità: volumi, scadenze, strumenti. Ne hanno certo parlato Sarkozy e la Lagarde ieri, anche se non hanno rilasciato dichiarazioni. Ma soprattutto ne parleranno Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel nel loro vertice di oggi pomeriggio a Berlino.

Francia e Germania concordano nel ritenere che le banche debbano rafforzare le proprie capacità patrimoniali rivolgendosi in prima istanza ai loro azionisti e che solo in un secondo tempo, qualora i fondi raccolti dovessero rivelarsi insufficienti, rivolgersi ai Governi.

Ma è sulla titolarità e l'articolazione dell'intervento pubblico che le opinioni divergono. Secondo Parigi - che ha il terrore di perdere la tripla A, la quale consente di finanziarsi a tassi d'interesse relativamente bassi - bisogna percorrere la strada di un intervento coordinato a livello europeo, su cui sta peraltro lavorando la Commissione che preannuncia un piano per i prossimi giorni, senza escludere il ricorso all'Efsf, il neonato Fondo di stabilità. Secondo Berlino spetta invece ai Governi nazionali provvedere, confermando il ruolo di ultimo approdo dell'Efsf. «Il Fondo - dicono in sostanza i tedeschi - è uno strumento utile per andare in soccorso di Paesi come la Grecia o il Portogallo. Se però comincia a essere utilizzato anche da Paesi finanziariamente solidi come la Francia vuol dire che tutti possono pescare nelle sue riserve. E si rischia un pericoloso effetto contagio che potrebbe essere inarrestabile».

Ancora una volta ci sono quindi divergenze all'interno dell'asse franco-tedesco. Ancora una volta Sarkozy e la Merkel (duramente criticata dal presidente della Banca mondiale Robert Zoellick per la mancanza di «visione europea») si incontrano per appianare i contrasti. E ancora una volta troveranno un'intesa, un compromesso buono più o meno per tutti. La speranza è che sia convincente anche per i mercati e le agenzie di rating, che a forza di downgrading decisi o minacciati dimostrano di pensare che il contagio c'è già.

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