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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2011 alle ore 08:07.

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Alfano e Letta, poi Tremonti, Bossi e Calderoli: Silvio Berlusconi è rimasto chiuso l'intera giornata a Palazzo Grazioli per mettere a punto l'intervento che pronuncerà stamane. L'obiettivo del premier era poter annunciare un decreto sviluppo «non a costo zero». Ma per ora pare essersi arreso all'evidenza: soldi non ce ne sono, condoni non si possono fare, tutt'al più possono essere limati alcuni tagli già previsti per i ministeri e di cui oggi si occuperà il Consiglio dei ministri.
Alla Camera il premier invece tornerà a ribadire la volontà di completare la legislatura dicendo un «no» netto ad elezioni anticipate. È il suo modo per rassicurare quanti nella maggioranza sono già pronti a fare le valige. Berlusconi ha capito che il principale nemico per la sua sopravvivenza è il timore di un imminente ritorno alle urne. Quel tam tam divenuto assordante su uno scioglimento anticipato, con tanto di indicazione delle possibile date per il voto (15 e 16 aprile) sta infondendo coraggio a quanti, pur non nascondendo il disagio, finora non avevano preso in considerazione l'ipotesi di «un altro premier». Berlusconi è anzitutto a loro che si rivolgerà, usando ancora una volta bastone e carota, spiegando che è lui, il Cavaliere, l'unica garanzia perché si arrivi al 2013; che se dovessero minarne la permanenza a Palazzo Chigi, il risultato non potrebbe che essere il ritorno al voto. Soprattutto se ‐ come spiega un autorevole dirigente del Pdl ‐ si dovesse verificare la tenuta dell'attuale maggioranza al Senato: «A quel punto nessun Governo potrebbe ottenere la fiducia di entrambe le Camere e quindi non resterebbe che il voto».

L'obiettivo è scavallare quest'anno. Arrivare al 2012 ancora alla guida del Governo perché «poi sarebbe troppo tardi per qualunque soluzione alternativa». Ma per farlo bisogna anche offrire qualche appiglio. Berlusconi oggi tornerà a rilanciare le riforme, da quella fiscale a quella della giustizia, alla riforma costituzionale indicandone anche i tempi. La prima scadenza però è il decreto sviluppo. Ieri ci si è lavorato a lungo per tirare fuori qualche idea capace di attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica ed evitare che, alla fine, l'unica cosa che rimarrà in mente dell'intervento del Cavaliere sarà l'accoglienza dell'aula semivuota. Qualcuno ipotizzava di sparpagliare gli esponenti della maggioranza per attenuare il colpo d'occhio provocato dall'assenza dell'opposizione. Il premier da Tremonti ha per ora ricevuto ben poco. Durante il pomeriggio si era diffusa la voce che si stesse puntando anche a una soluzione della partita su Bankitalia. Ma è rimasta solo una voce, non suffragata da alcuna conferma, neppure ufficiosa. E fino a quando non si risolverà quella partita, non si risolverà neppure la questione Tremonti. Berlusconi, nonostante la rabbia manifestata martedì verso il ministro dell'Economia, colpevole di non aver partecipato al voto, non è intenzionato ad andare alla resa dei conti con lui.

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