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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2011 alle ore 06:40.

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BARI.
Un alto tenore di vita, nonostante debiti per sei milioni di euro, e un'assistenza legale fornita dal pool degli avvocati vicini a Silvio Berlusconi. Per Giampaolo Tarantini sono fatti che risalgono ad agosto-settembre 2009, un anno prima del presunto "zampino" di Valter Lavitola a proposito della presunta induzione di Tarantini a rendere dichiarazioni false ai pm baresi nell'inchiesta escort. Il procuratore aggiunto di Bari, Pasquale Drago, punta al 2009 per capire se Tarantini abbia subito pressioni dal premier per non rilevare aspetti penali che lo riguardassero nell'indagine escort. Per Lavitola, invece, anche se indagato per l'induzione di Tarantini al falso, mancano i gravi indizi di colpevolezza: difficile provare un suo coinvolgimento fin dal 2009. L'ex direttore dell'Avanti! – ieri la Finanza ha perquisito di nuovo la sede del giornale su delega dei pm di Napoli - appare sulla scena investigativa ricostruita finora solo nel 2010, quando organizzerebbe la presunta estorsione da 850mila euro in concorso con Gianpi e la moglie Nicla De Venuto, ai danni del premier (inchiesta alla Procura di Roma); oppure eserciterebbe la presunta induzione di Tarantini alle dichiarazioni mendaci, in concorso, secondo il Riesame di Napoli, col premier (inchiesta della Procura di Bari). Per ora non è chiaro il presunto reato compiuto, che può spostare la competenza da un ufficio requirente all'altro. Ma solo dopo gli accertamenti delle due Procure. «Nessuno è riuscito a capire esattamente come si sono svolti i fatti - scrive Drago nella richiesta al gip di revoca della misura cautelare per Lavitola - e quindi vi è la necessità di chiarire diversi aspetti». A Bari, dunque, le indagini partiranno da zero, da quando cioè a fine estate del 2009 Tarantini viene difeso dall'avvocato Nico D'Ascola; da quando il gip di Bari, il 18 settembre di quell'anno, dispone gli arresti domiciliari per l'ex re delle protesi nella sua casa romana con servitù pur avendo una società, la Tecnohospital, con debiti per oltre 6 milioni di euro. Chi e perché - sono gli interrogativi di alcuni investigatori dei carabinieri - spinge Tarantini a rivolgersi all'avvocato Niccolò Ghedini, storico difensore di Berlusconi, che poi lo indirizza a D'Ascola? Senza contare che le conversazioni e i rapporti tra Tarantini e Berlusconi cessano a maggio 2009 dopo le perquisizioni a carico dell'imprenditore. Di Lavitola in questo periodo non c'è traccia. Spunta un anno dopo, a settembre 2010, quando, dice, conosce Tarantini nella scuola che frequentano le loro figlie. Un incontro definito fortuito ma guardacaso - osservano gli investigatori - con una persona molto vicina al premier, dal quale Lavitola riceve la richiesta di «aiutarli». Come mai? Per capire se c'è stato davvero un tentativo di comprare il silenzio di Tarantini, la Procura di Bari dovrà trovare risposte a questi interrogativi. Solo dopo potrà accertare l'ipotesi che le dazioni di denaro del premier verso Gianpi siano state un'estorsione o un'induzione a riferire fatti falsi ai pm che indagavano sul giro di escort. O invece semplici «aiuti a una famiglia in difficoltà» come ha sempre detto il premier.
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