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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2011 alle ore 18:41.

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RIMINI - Terzietà del giudice, digitalizzazione della giustizia, separazione delle carriere e argini per un Csm che si comporta come una terza camera. Queste le battaglie che il presidente delle Camere penali chiede di combattere ai penalisti, riuniti fino a domenica a Rimini per il congresso straordinario.

Occorre la separazione delle carriere
Una delle prime azioni che il numero uno dei penalisti chiede di al Congresso è quella di far sentire forte la voce dell'Unione sulla necessità di portare finalmente a casa la separazione delle carriere. Solo la terzietà del giudice assicura – afferma Spigarelli - la realizzazione dei principi del giusto processo in un ordinamento moderno ed equilibrato. La distinzione tra magistratura inquirente e giudicante, non da usare come una clava contro la magistratura come qualcuno nella maggioranza allora avrebbe voluto, ma anzi proprio a garanzia dell'indipendenza della magistratura e del singolo giudice. La separazione delle carriere è, per Spigarelli, l'unica strada per liberare «la giurisdizione dal soffocante abbraccio della pretesa punitiva». Il presidente dell'Unione della Camere penali chiede il sostegno del congresso anche sulla riforma del codice penale secondo un triplice schema: «rileggere la tematica di un possibile nuovo codice in tre appuntamenti, articolati schematicamente in parte generale, parte speciale e sistema sanzionatorio». Un impegno che si deve tradurre nelle idee per mettere a punto in singole leggi ancora prima del varo del nuovo codice. Sul tema una buona notizia arriva dal sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo che annuncia la presenza dei penalisti al tavolo di lavoro previsto dal Guardasigilli Nitto Palma. Spigarelli non dimentica la riforma costituzionale «messa in campo con colpevole ritardo ad oltre metà legislatura ma che comunque investiva il cuore del problema dei rapporti tra poteri dello Stato». La chiave di volta dunque per regolare i rapporti di forza che, appare, di fatto, abbandonata.

Riforma dell'ordinamento forsense schiacciata sotto il peso delle pressioni
Altra spina nel fianco degli avvocati e la mancata approvazione della riforma dell'ordinamento forense schiacciata sotto il peso delle pressioni di chi punta a snaturare la professione e dalle contrastanti sirene della politica che un giorno auspicano una liberalizzazione selvaggia e un altro prometto la prosecuzione dell'iter parlamentare del nuovo Statuto. Tra gli obiettivi da raggiungere anche la digitalizzazione della giustizia, rimasta al palo e lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura.

Intercettazioni: sanzioni per evitare la pubblicazioni che coinvolgono terzi estranei
Il vertice dei penalisti affronta anche il tema caldo delle intercettazioni, augurandosi che i testi vengano consegnati alla difesa "senza scadenze giaculatorie" ma invocando al tempo stesso l'introduzione di sanzioni oggettive per ostacolare la pubblicazione delle trascrizioni specialmente quando coinvolgono terzi estranei. Spigarelli spezza però una lancia in favore dei giornalisti, su cui vengono scaricate tutte le responsabilità, bocciando l'ipotesi delle sanzioni penali severe. Il sistema giudiziario – spiega Spigarelli – deve saper conciliare il diritto alla riservatezza delle persone con il rispetto del diritto, costituzionalmente garantito, dell'informazione.

Caliendo rassicura sul destino dell'ordinamento professionale
Il sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo, unico politico presente alla giornata di apertura del Congresso, rassicura i penalisti anche sul destino della riforma dell'ordinamento professionale, pur anticipando che ci saranno delle modifiche rispetto al testo pensato dagli avvocati. §Pur anticipando che il cammino della riforma sarà legato all'articolo 3 della manovra, previsione questa poco gradita all'organismo unitario dell'avvocatura che voleva un percorso autonomo. Per quanto riguarda la riforma degli uffuci giudiziari Caliendo annuncia entro Natale l'intervento sui giudici di pace. Si esprime anche sulla tariffa minima definendola «una garanzia per i non abbienti». L'esperienza di questi anni dimostra che dall'abolizione hanno tratto beneficio solo i grossi gruppi.

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