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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2011 alle ore 19:14.

Niente da fare. Anche nell'ultimo giro di giostra. Chiudiamo il 2011 con uno zero che più zero non si può. In questo Giro di Lombardia, sfavillante di luce e di colori, Vincenzo Nibali prova a riscattare una stagione senza lampi, ma la sua stoccata non arriva a segno. Coraggioso, ma poco lucido, Nibali sulla storica discesa del Ghisallo, va in fuga a una cinquantina di chilometri dal traguardo di Lecco.
Troppi per Nibali, forse troppi per chiunque, visto che siamo nel finale di un anno lunghissimo. Raggiunto un vantaggio di quasi due minuti, la fuga del siciliano si spegne prima dell'ultima salita di Villa Vergano dove lo svizzero Oliver Zaugg (un altro carneade che vince una classica) prende il volo per la vittoria. Zaugg arriva da solo al traguardo, seguito a pochi secondi da Daniel Martin e Joaquim Rodriguez . Al quarto posto, senza infamia e senza lode, il nostro Ivan Basso. Meglio che niente, ma un meglio che nulla aggiunge a questo autunno del nostro ciclismo.
Meglio andare in vacanza, pensare al futuro. In questo 2011 che va a chiudersi, abbiamo fatto scena muta. Qualche comparsata qua e là, un terzo posto al Giro d'Italia con Nibali, e poi la luce si spegne. Per dirne una, non vinciamo una classica dall'ottobre 2008, quando Damiano Cunego firmò la sua terza vittoria proprio al Giro di Lombardia.
Da allora siamo assenti. Mai un guizzo, mai protagonisti. Quest'anno lo stesso Cunego è stato stranamente più in evidenza nelle corse a tappe (secondo al Giro della Svizzera, bene al Tour de France) che nelle corse di un giorno, suo tradizionale terreno di battaglia.
Male anche nei grandi Giri. Ad eccezione di Nibali, il resto è tutto da dimenticare. Ivan Basso, che ha puntato tutte le sue carte sul Tour, ha sostanzialmente deluso. Non solo non è salito sul podio, ma neppure si è mai reso protagonista in qualche vittoria di tappa. Sempre al gancio, sempre anonimo. A salvargli la stagione non basta certo il Giro della Padania, corsa senza tradizione e con scarsa concorrenza.
Male nelle classiche, male nei grandi Giri e fuori bersaglio anche al recente mondiale in Danimarca. In un circuito disegnato per velocisti, non siamo stati né carne né pesce. Senza Petacchi, cioè senza uno sprinter in grado di tener testa a Cavendish, abbiamo fatto solo presenza mancando nel finale anche perché Bennati non ha la stoffa del numero uno
Tutto da buttare via, quindi, il 2011? No, qualcosa di buono c'è stato.
Per cominciare nel ciclismo italiano (ma non solo) si comincia a respirare un'aria più pulita. La desolante vicenda di Riccò ha lasciato il segno. Spariti i fenomeni paranormali,si comincia a intravedere una nuova generazione, tornata a medie più ragionevoli, che può lasciare un segno nel futuro. Bisogna aver pazienza. Gente come Gilbert, Contador o Evans non cresce come i funghi dopo la pioggia. Ci vuole tempo. Come è successo alla fine degli Anni Ottanta all'uscita di scena della generazione di Moser e Saronni. Ci fu un buco di qualche anno, ma poi arrivarono Bugno, Chiappucci e lo stesso Pantani.
Si vedrà, nel frattempo il 25% dei successi 2011 è arrivato da atleti nati nel 1989, una sorta di "muro" che potrebbe segnare uno spartiacque tra due generazioni.
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