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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2011 alle ore 08:12.

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FIRENZE. Dal nostro inviato
Herman Cain? L'ex Ceo di Godfather Pizza? Non va da nessuna parte. Un fuoco di paglia, una chimera, una sua nomination repubblicana 2012 sarebbe una cambiale in bianco a Barack Obama e la vittoria su un piatto d'argento. E Mitt Romney? Da quando si è ritirato Chris Christie è l'unico candidato in grado di battere Barack Obama fra i repubblicani. Con un rischio molto reale guardando a novembre, l'arrivo di un terzo partito/candidato. Romney, mormone, è debole fra i battisti del Sud, non ha presa sul voto latino americano e, quel che più conta, non simpatizza con i Tea Party: «Il Tarp è stata la decisione più giusta», ha detto durante il dibattito sull'economia. Si riferiva al piano di salvataggio per le banche dell'amministrazione Bush dopo i fallimenti del 2008. E aveva ragione, ovviamente. Ma il popolo dei Tea Party è quasi svenuto.
Il consenso su questi punti fra alcuni dei maggiori esperti di elezioni americane è assoluto. Fra loro, Steve Schimdt, l'artefice del turnaround della campagna McCain, Paul Begala che con James Carville organizzò la strategia vincente della campagna Bill Clinton; Bob Shrum, stratega sia per Al Gore che per John Kerry, Chris Caldwell ideologo dei repubblicani nella costellazione the Weekly Standard. Il Sole 24 Ore ha partecipato con loro un brain storming su "Politica americana verso il 2012" a Villa la Pietra, il Campus Fiorentino della New York University. L'accordo, a 90 giorni dalle primarie, è stato chiaro fra tutti, a destra come a sinistra: Mitt Romney è l'unico candidato repubblicano che potrà battere Barack Obama nel 2012.
Rick Perry, governatore del Texas, cercherà di recuperare, ma è stato freddato l'altra sera dall'endorsment improvviso di Christie a favore di Romney, subito prima del dibattito economico. Un altro macigno per Perry: non ha attaccato, è parso spento e ha deciso di rimandare. «Venerdì presenterò il mio piano economico» ha detto. Ieri ha mantenuto la promessa. Peccato che abbia guardato al passato. La cosa più importante della sua proposta è stata una versione rifatta del vetusto "drill baby drill" che fu di Sarah Palin. Ricordate, un progetto per aumentare l'autonomia energetica americana autorizzando trivellazioni in Alaska. Perry ha raccolto 18 milioni di dollari in breve tempo. Ha un forziere solido ed è governatore del Texas, ma resta "out". Ad Herman Cain si concede di avere simpaticamente movimentato i sondaggi in Iowa, e venderà molti libri. Ma non sarà né il candidato prescelto per la nomination, né un possibile vicepresidente.
Michelle Bachmann che sembrava in auge tempo fa, si è giocate le ultime misere carte: «Il piano 9-9-9 di Herman Cain è pericoloso...leggetelo al contrario e abbiamo 6-6-6, il numero del diavolo» ha detto nel dibattito. Lo stesso vale per Jon Huntsman e per gli altri. Il pronostico è che per febbraio Romney avrà la nomination. Il gruppetto americano a Firenze ha anche votato sul suo compagno ideale: sarà il Senatore Marco Rubio. Lo copre su tre fronti chiave, porta in dote il voto latino americano, gli fa da ponte con il movimento Tea Party, gli dà grande forza in Florida, il suo Stato. Con questo ticket Obama sarebbe sbaragliato. A meno che...«il rischio più pericoloso per Romney è quello di un terzo partito, di un terzo candidato - dice Chris Caldwell - la corsa sarà comunque stretta. E un candidato che cavalca i Tea Party e il protezionismo può prendere il 5 o il 7% del voto di protesta. Che andrà a detrimento dei repubblicani. Ricordiamoci che Al Gore perse la presidenza per quell'1% che conquistò l'ineleggibile Ralph Nader». Oggi il terzo uomo arriverebbe da destra. Per il resto, elezioni annunciate. A meno di scivoloni in casa repubblicana, lo scontro sarà, da febbraio, fra Obama e Romney.
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