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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2011 alle ore 20:15.
L'ultima modifica è del 18 ottobre 2011 alle ore 16:02.

Il nodo Bankitalia sarà sciolto «in tempi brevi». Parola di Silvio Berlusconi che, conversando con i giornalisti alla Camera, ribadisce la volontà dell'esecutivo di giungere a una rapida soluzione del dossier riguardante la successione a Mario Draghi. Ma nella lista dei papabili il Cavaliere inserisce ufficialmente anche il nome di Lorenzo Bini Smaghi, membro italiano della Bce. Se fosse per Umberto Bossi, però, il nuovo governatore dovrebbe essere Vittorio Grilli, attuale dg del Tesoro. «Sono tutti romani, mettiamoci un milanese che è pure preparatissimo», insiste il Senatur dopo aver ammesso comunque che «tra pochi giorni bisognerà votare. Deciderà Berlusconi con tutti». Su tutto arriva poi in serata l'amara riflessione del sottosegretario Gianni Letta che, inaugurando la mostra sui 50 anni di Telespazio, parla «di giorni tempestosi, amari, difficili e avvelenati».

Berlusconi: ci sono problemi, ma decisione molto presto
La corsa alla poltrona più alta di Palazzo Koch si arricchisce quindi di un nuovo protagonista. «È nel novero dei candidati», ammette il premier che in effetti ha sentito Bini Smaghi venerdì scorso. «È una decisione che non è stata ancora presa perché ci sono diversi problemi da risolvere e perciò stiamo portando avanti questi problemi, parlando con tutti coloro che possono avere qualcosa da dire di importante. Con il solito equilibrio e il solito buon senso prenderemo la decisione credo molto presto». Insomma, il premier ammette che la scelta del successore di Draghi è tutt'altro che semplice.

Bini Smaghi deve lasciare la Bce entro il 1° novembre
A complicare la partita c'è infatti la contesa tra chi, in primis l'attuale governatore, sponsorizza un candidato interno - il dg di Palazzo Koch Fabrizio Saccomanni - e chi, come il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, spinge per la promozione del direttore generale del Tesoro. Il match potrebbe ora risolversi in tempi brevi e la soluzione potrebbe arrivare dalla scelta di un outsider come Bini Smaghi che, peraltro, deve lasciare la poltrona della Bce dopo che Draghi si insedierà ufficialmente alla presidenza dell'Eurotower. Il suo posto è infatti rivendicato dalla Francia che, con l'uscita di scena dell'attuale presidente Jean-Claude Trichet, perderebbe il suo unico rappresentante alla Bce e ha quindi ottenuto rassicurazioni precise sui tempi dell'addio di Bini Smaghi.

Decreto sviluppo: non ci sono soldi, ma non c'è fretta
A tenere banco non c'è però solo il problema dell'avvicendamento ai vertici di Via Nazionale. Il Cavaliere è infatti impegnato anche a trovare la quadra sul decreto sviluppo. «Stiamo riflettendo, soldi non ce ne sono, stiamo cercando di inventarci qualcosa». Il premier proverà a farlo già stasera durante la prevista riunione con i ministri e i tecnici della maggioranza. Obiettivo: raggiungere un compromesso accettabile sul provvedimento. Intanto, però, il premier fissa qualche paletto. A cominciare dalla patrimoniale. «Io personalmente sono contrario ma non mi sento in questo momento di esprimermi su altre opinioni della maggioranza». Ad ogni modo, chiarisce ancora Berlusconi, «conto sul varo del decreto appena sarà convincente, cioè quando ci sarà un provvedimento che sia di stimolo a sviluppo e crescita. Ma non ho particolare fretta».

La legge elettorale? La cambieremo prima del referendum
Il resto è la consueta rassicurazione che il governo andrà avanti rinfrancato dall'ultimo voto di fiducia. «Sarò tutti i giorni alla Camera - spiega il Cavaliere -. Ci sarò quando mi dicono che può essere utile». Insomma, l'ufficio del premier sarà da questo momento in poi a Montecitorio nella speranza di evitare nuovi incidenti parlamentari, come quello andato in scena sull'articolo 1 del rendiconto 2010. La road map del presidente del Consiglio comunque non cambia tanto che Berlusconi sente l'esigenza di ribadire che la legge elettorale non è una priorità. E comunque, precisa, «non credo ci sarà bisogno del referendum. Interverremo cambiando la legge elettorale prima». Quindi il premier si sofferma sul proscioglimento nel processo Mediatrade («accuse smentite, è un grande scandalo contro di me») e lancia l'ennesima bordata sulle intercettazioni dopo la pubblicazione di nuovi brogliacci delle sue telefonate con l'ex direttore dell'Avanti, Walter Lavitola. «È una barbarie, non da paese libero e civile». (Ce. Do.)

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