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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2011 alle ore 15:49.

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Le guerre africane di ObamaLe guerre africane di Obama

Barack Obama sembra replicare la dottrina militare messa in atto da Donald Rumsfeld, il Segretario alla difesa della prima amministrazione di George W .Bush. Le ultime decisioni di Obama sembrano infatti seguire la stratega della "guerra leggera" con l'impiego dei velivoli teleguidati per colpire i leader di al-Qaeda e altri movimenti insurrezionali e l'impiego di forze speciali per colpi di mano e l'addestramento e il supporto a forze locali sulle quali ricade il peso maggiore delle operazioni.

Va in questa direzione anche la decisione annunciata il 14 ottobre dalla Casa Bianca di inviare un centinaio di uomini delle forze speciali (probabilmente Berretti Verdi) in Uganda per sostenere il Governo nella lotta contro i sanguinari ribelli del Lord's Resistance Army (LRA, Esercito di resistenza del Signore) fondato e guidato da Joseph Kony e attivo nella zona di confine con Congo, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana. Le forze armate americane sono «equipaggiate per combattere, sostenere le forze regionali e fornire informazioni, consigli e un aiuto», ha precisato il presidente mentre il 4 ottobre, il comandante dell'Africa Command, il generale Carter Ham, ha affermato che Kony, ricercato dalla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini di guerra e contro l'umanità, si trova «probabilmente» nella Repubblica Centrafricana.

Il supporto di Obama al Governo ugandese rappresenta un aiuto a un Paese alleato che da anni gioca un ruolo chiave in Somalia dove la forza africana a sostegno del Governo di transizione di Mogadiscio è composta da ben 5mila soldati ugandesi e 2mila del Burundi. Forze rivelatesi indispensabili a mantenere il controllo di Mogadiscio e recentemente a cacciare le milizie islamiste Shabab, legate ad al-Qaeda, dai dintorni della capitale.

Contro i miliziani qaedisti sono scese in campo anche le truppe del Kenya, altro importante alleato degli anglo-americani in Africa, con una brigata meccanizzata penetrata per un centinaio di chilometri in territorio somalo. Il "casus belli" è ufficialmente rappresentato dal sequestro di quattro cittadini (turisti e cooperanti) occidentali nella zona di confine del Kenya settentrionale, per i quali gli Shabab hanno smentito ogni responsabilità, ma è evidente la coincidenza tra l'intervento delle truppe di Nairobi e l'offensiva governativa. Le truppe keniote e somale si sono concentrate nella base di Tabta per espugnare poi il villaggio di Qogani, grazie anche ai bombardamenti dei jet di Nairobi che ha messo in campo anche alcuni elicotteri uno dei quali è stato abbattuto. Ora le truppe avanzano verso Afmadow, 70 chilometri a nord del confine, dove stanno convergendo da Chisimaio anche le milizie Shabab che minacciano di sconfinare in Kenya. Le operazioni contro i qaedisti somali condotte da forze somale, keniote e ugandesi con l'appoggio finanziario e strategico statunitense non sono una novità. Nel 2006 furono le forze etiopiche, con il supporto americano, a cacciare da Mogadiscio le Corti Islamiche.

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