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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 06:40.


MILANO
«Berlusconi prosciolto, Piersilvio a giudizio». Niccolò Ghedini è il primo a spuntare quando la porta dell'aula si spalanca e un fiume di avvocati e assistenti si riversa nel corridoio al settimo piano del palazzo di giustizia di Milano. Il legale del premier è parco di parole. Si dilegua per comunicare al presidente del Consiglio che il giudice per l'udienza preliminare Maria Vicidomini ha appena deciso il suo proscioglimento «per non aver commesso il fatto» dalle accuse di frode fiscale e appropriazione indebita nel procedimento sui presunti fondi neri creati dalla compravendita di diritti tv della società Mediatrade, poi incorporata in Rti. Berlusconi, dunque, è fuori dal processo. Ma il gup non ha salvato i manager Mediaset, accusati anche loro a vario titolo degli stessi reati.
Rinvio a giudizio, così, per il presidente della società, Fedele Confalonieri, e per il vicepresidente Piersilvio Berlusconi, accusati di frode fiscale. Per l'imprenditore Frank Agrama – considerato dall'accusa il socio occulto di Silvio Berlusconi –, per Giorgio Dal Negro, Daniele Lorenzano, Gabriella Ballabio, Roberto Pace, tutti imputati di frode fiscale e appropriazione indebita. E infine per il banchiere fondatore della Banca Arner, Paolo Del Bue, per Giovanni Stabilini e per i due cittadini cinesi residenti a Hong Kong, Paddy Chan e Catherine Hsu Chun, accusati di riciclaggio.
Il risultato finale è di un imputato prosciolto e undici rinviati a giudizio. Ma il non luogo a procedere riguarda il nome più importante della lista: Silvio Berlusconi. Bisognerà conoscere le motivazioni del decreto del gup per capire su quali basi si fonda la decisione, ma intanto la sentenza spiazza tutti, accusa e difesa. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, perché agli atti dell'accusa ci sono le lettere – e in particolare una, dell'ottobre 2003 – nelle quali il produttore Frank Agrama afferma di intrattenere rapporti d'affari solo con Berlusconi all'interno della galassia societaria poi diventata Mediaset. Ma anche le difese, che evidentemente non si aspettavano il proscioglimento di Berlusconi.
«Miracolo a Milano», mormora l'avvocato di uno degli imputati. «È una decisione abbastanza rara. Più che una vittoria è una decisione che prende atto delle risultanze processuali», commenta Ghedini. E Piero Longo, anche lui avvocato del premier, si premura di gettare acqua sul fuoco degli entusiasmi: «Una rondine non fa primavera», chiosa. E aggiunge subito dopo: «Contro il premier continua a esserci un accanimento da parte dei giudici di Milano». Da Roma non si fa attendere il commento dello stesso Berlusconi: «Adesso tutti mi chiedono se sono soddisfatto – sbotta il premier –: non lo sono, perché sono stato accusato di una cosa che non sta né in cielo né in terra. È un grave scandalo che i pm mi accusino e i loro colleghi mi assolvano».

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