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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2011 alle ore 06:36.
Ieri mattina, poco prima dell'inizio della cerimonia al Quirinale per la consegna delle insegne di cavalieri del lavoro, Silvio Berlusconi ha motivato così al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano la sua decisione di designare Lorenzo Bini Smaghi alla guida della Banca d'Italia: si tratta di una candidatura «che in questo preciso contesto è la meno divisiva». La risposta di Napolitano è stata altrettanto esplicita: la designazione spetta al premier, e allora «se ne assuma la responsabilità». Una constatazione, che lascia evidentemente trasparire una chiara presa di distanza rispetto alla scelta appena comunicata dal presidente del Consiglio.
La priorità per Napolitano è che venga salvaguardata la «continuità e serenità» alla guida della Banca d'Italia, e che non ne venga in alcun modo messa in discussione l'autonomia. La decisione annunciata da Berlusconi rischia al contrario di provocare un grave elemento di contenzioso con la Banca, che potrebbe rendersi palese con il parere, non vincolante ma non per questo meno significativo, del Consiglio superiore. Il breve colloquio si è concluso con un ulteriore invito che Napolitano ha rivolto al premier, perché «ponderi bene» le conseguenze della sua scelta.
Non si nasconde una certa irritazione al Colle. I collaboratori di Napolitano parlano di preoccupazioni del Capo dello Stato che «sono rimaste tali». Le affermazioni del consigliere anziano della Banca, Paolo Blasi paiono perfettamente in linea con i timori di Napolitano: il Consiglio superiore «non sarà semplice notaio di una decisione presa altrove. Il parere potrà essere positivo o negativo». La procedura prevede che la designazione passi alla ratifica del Consiglio dei ministri, per concludersi con la nomina da parte del presidente della Repubblica.
Il complesso iter disegnato dalla legge di riforma del 2005 presuppone una concertazione, e dunque un'intesa preventiva, ai massimi livelli istituzionali. Se questa sarà alla fine la scelta, evidentemente si sarà saltato qualche passaggio. E anche questo è elemento di ulteriore preoccupazione per Napolitano che, fin dall'inizio di questa complessa vicenda ha invitato Berlusconi al «rispetto delle procedure», anche per i riflessi in termini di immagine e credibilità a livello internazionale.
Certo è che quel reiterato riferimento alle preoccupazioni che albergano in sede europea, lanciato ieri nel corso del suo intervento al Quirinale, non è apparso casuale. Non è solo la tenuta dei conti pubblici, la crisi del debito a preoccupare le cancellerie. Se i patti sono da rispettare, allora occorreva da tempo rassicurare il presidente francese Nicolas Sarkozy sulla ferma intenzione del governo di liberare in tempo utile la poltrona nel board della Bce, occupata da Bini Smaghi, per far posto al candidato francese. E invece si è giunti a ridosso del Consiglio europeo di domenica prossima e a pochi giorni dal trasferimento di Mario Draghi alla guida dell'Eurotower. Il complesso puzzle - Napolitano lo sostiene da diverse settimane - andava dipanato molto prima.
Al contrario si è giunti alla designazione del successore di Mario Draghi in un contesto a dir poco confuso, nell'inedito intreccio con i contenuti del decreto sviluppo e il braccio di ferro con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (che spinge per Vittorio Grilli). Della questione Napolitano ha parlato brevemente anche con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, che ieri ha tessuto faticosamente la sua tela. Il Capo dello Stato non ha fatto misteri della sua preferenza per la soluzione interna del direttore generale Fabrizio Saccomanni. A proposito della mancata condivisione politica sul decreto sviluppo, si è autodefinito "angustiato". Sensazione che va evidentemente estesa anche all'epilogo della vicenda Banca d'Italia.
IL NODO
L'iter, la concertazione
La procedura prevede che la designazione passi alla ratifica del Consiglio dei ministri, per concludersi con la nomina da parte del presidente della Repubblica.
Il complesso iter disegnato dalla legge di riforma del 2005 presuppone una concertazione, e dunque un'intesa preventiva, ai massimi livelli istituzionali.
La priorità del Colle
Per Napolitano la priorità è che venga salvaguardata la «continuità e serenità» alla guida della Banca d'Italia, e che non ne venga in alcun modo messa in discussione l'autonomia. La decisione annunciata da Berlusconi rischia al contrario di provocare un grave elemento di contenzioso con la Banca, che potrebbe rendersi palese con il parere, non vincolante ma non per questo meno significativo, del Consiglio superiore.
Il breve colloquio di ieri si è concluso con un ulteriore invito che Napolitano ha rivolto al premier, perché «ponderi bene» le conseguenze della sua scelta. Il Capo dello Stato non ha fatto misteri della sua preferenza per la soluzione interna del direttore generale Fabrizio Saccomanni.