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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2011 alle ore 08:13.

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Questa volta non si è limitato a una telefonata, a un videomessaggio. Silvio Berlusconi al primo congresso del Movimento dei responsabili di Domenico Scilipoti ha voluto partecipare con un intervento dal vivo. Il giorno dopo la scelta del futuro governatore di Bankitalia e alla vigilia della partenza per il difficile vertice di Bruxelles, il Cavaliere è salito sul palco, ha ringraziato «Mimmo» (così Berlusconi ha affettuosamente chiamato Scilipoti) ed è tornato a spiegare le ragioni della sua «discesa in campo» datata 1994. Il premier segue con attenzione i piccoli gruppi della sua maggioranza. Ognuno di loro deve sentirsi speciale, preso in considerazione, blandito, soddisfatto. Berlusconi è assillato dai numeri. Teme nuovi scivoloni alla Camera, che possano compromettere la sopravvivenza politica del suo governo. Quei 316 voti di fiducia ottenuti il 14 ottobre scorso non sono sufficienti a metterlo al riparo da spiacevoli sorprese. Anche per questo l'altra sera, dopo aver risolto il problema Bankitalia, non si è trattenuto dal ricevere a cena Marco Pannella e la pattuglia dei radicali autosospesisi dal gruppo del Pd, dopo essere stati accusati dal partito di Bersani di aver garantito alla maggioranza il numero legale nel giorno della fiducia. Berlusconi ha bisogno di una maggioranza più consistente per riuscire a sopravvivere fino a gennaio, quando – come ormai ripete ovunque e a chiunque – «non ci saranno più i tempi per un altro Governo». Ma per raggiungere questo obiettivo non basta al Cavaliere annaffiare i cespugli. Nel Pdl l'insofferenza è sempre più forte. E le parole, i sorrisi, i consigli per una migliore comunicazione che Berlusconi continua a elargire, prospettando un futuro in cui il Pdl verrà ribattezzato con un nome più «emozionante» non bastano più a confortare i suoi parlamentari, delusi anche dalle promozioni sul campo attribuite subito dopo il voto di fiducia a chi ha cambiato più volte casacca.
Quel «non c'è più tempo da perdere», che un nutrito e autorevole gruppo di esponenti del partito (da Maurizio Lupi a Andrea Augello e Guido Crosetto, da Roberto Formigoni a Gaetano Quagliariello e Fabrizio Cicchitto senza dimenticare i ministri Brunetta, Carfagna, Frattini, Galan, Prestigiacomo) ha invocato l'altro giorno, sottoscrivendo il manifesto antideclinista pubblicato da Giuliano Ferrara, non può essere sottovalutato da Berlusconi. Così come il nuovo affondo di ieri di Claudio Scajola che, pur ribadendo la sua «lealtà», torna a denunciare la debolezza del governo, chiedendo nuovamente di allargare la maggioranza ai centristi per offrire al Paese «una risposta adeguata». Ipotesi che può però realizzarsi (e questo Scajola lo sa bene) solo con il passo indietro del Cavaliere. Come se non bastasse, si sono aggiunti anche i timori e i sospetti sulla riforma della legge elettorale. L'apertura del premier sulle preferenze, ribadita ieri al congresso di Scilipoti, ha prodotto una levata di scudi in una parte del partito che teme evidentemente di essere tagliata fuori.
Il rientro da Bruxelles offrirà ulteriori tasselli per completare questo puzzle sempre più traballante. La Ue ha chiesto ufficialmente al Governo misure strutturali per sostenere la crescita. Berlusconi finora però non ha – per sua stessa ammissioni – risposte convincenti e se non farà presto a trovarle, se «non si inventerà qualcosa», la prossima volta alla Camera potrebbe ritrovarsi un gruppo di « responsabili» sull'altra sponda.
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