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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 20:07.

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Le donne immagine simbolo della primavera araba. Nella foto una donna al voto in un seggio elettorale a Tunisi (Reuters)Le donne immagine simbolo della primavera araba. Nella foto una donna al voto in un seggio elettorale a Tunisi (Reuters)

Se c'è un'immagine simbolo di questa primavera araba, è paradossalmente quella delle donne. È un giorno storico quello di oggi per la Tunisia che vota. I tunisini decidono il loro destino, passando da sudditi a cittadini, dopo aver loro per primi, girato pagina e coinvolto il mondo arabo a farsi coraggio. E le donne vogliono essere le protagoniste, lo si è visto nelle manifestazioni di piazza, lo si è visto in Arabia Saudita solo qualche settimana fa, dove sono state più le donne a far traballare il trono dei Saud che altro.

Lo si vede ancora oggi nei reportage che arrivano dalla Tunisia, con la loro partecipazione attiva. Un dato su tutti: tra chi si è registrato per andare a votare il 48% sono donne. Sarà un segnale, in quei paesi ancora considerati per soli maschi? Senz'altro la strada si è aperta anche se la Tunisia, rispetto agli altri paesi arabi, sui diritti delle donne è stato comunque il paese più all'avanguardia.

Non desta scalpore dunque, se il partito più temuto, quello islamista "Ennahdha", già preannunciato come favorito nelle sue file abbia schierato molte donne, e in una delle sue prime interviste, il suo presidente Rachid Gannouchi, si sia subito smarcato dal cugino partito egiziano dei Fratelli Musulmani : se lo statuto dei Fratelli Musulmani egiziani prevede che a donne e cristiani copti sia preclusa la presidenza del Paese, per Gannouchi, nella sua Tunisia «può diventare presidente tanto una donna che un copto. La condizione è che vinca le elezioni».

C'è molta attesa per i risultati, ma le previsioni sul partito islamista dato per favorito non sono così lontane, soprattutto per gli elettori tunisini all'estero. Molti di loro, come dimostra la stessa storia del presidente Gannouchi, solo all'estero hanno trovato una dimora alla loro religiosità. Non sono poche le storie di tunisini che raccontano della repressione della religiosità in patria e di come solo all'estero siano riusciti a viverla più liberamente. Il braccio del partito islamista potrebbe essere anche potenziato dall'estero, grazie anche al suo islam politico soft che ammicca alla Turchia più che all'Iran. E in fondo seguendo quello che è lo spirito tunisino, pur sempre laico.

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