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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 08:11.

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MAR MORTO (Giordania). Dal nostro inviato
Il World Economic Forum organizza il suo primo vertice mediorientale dall'inizio delle Primavere; studia e propone strategie economiche nuove dopo il fallimento di quelle vecchie; cerca opportunità finanziarie. Poi arriva la notizia della morte di un principe ereditario di oltre 80 anni, per dimostrare la radicata volatilità di una regione, qualsiasi soluzione si pensi.
Sultan bin Abdul Aziz al Saud, fratello e successore designato di re Abdullah, è deceduto ieri dopo una lunga malattia. Come per i monarchi in carica, morto un successore se ne fa un altro. Ma in questo caso esistono un paio di complicazioni. La prima è che Sultan, ministro della Difesa, era un riformatore, sosteneva la necessità di mantenere forti legami con gli Stati Uniti: suo figlio Bandar è stato il più longevo e introdotto ambasciatore a Washington. Il presunto successore alla qualifica di principe ereditario è Nayef, probabilmente 78 anni - ma nessuno conosce con esattezza l'età dei principi sauditi - ministro non in buona salute degli Interni, considerato vicino alle correnti più ortodosse del wahabismo.
Ma il problema del problema nella morte di Sultan - aveva 83 o forse 87 anni - è l'incertezza della promozione di Nayef a successore di re Abdullah che dovrebbe avere 78 anni ed è anche lui malato. La scomparsa di Sultan, infatti, accelera la riforma già iniziata dal re per svecchiare la monarchia. Qualche tempo fa Abdullah aveva nominato un Consiglio per la Successione, destinato a scegliere il nuovo monarca fra centinaia di principi di casa reale. Questo avrebbe cambiato la tradizione imposta da Abdul Aziz, il fondatore del regno saudita: dopo di lui, aveva deciso, re sarebbero diventati i figli, uno dopo l'altro, secondo anzianità.
Nella sua vita però, Abdul Aziz ha generato 37 maschi, Sultan era il quindicesimo: senza una riforma, l'Arabia Saudita sarebbe condannata a un altro ventennio di re ottuagenari. Era stabilito che nuova istituzione di saggi, tutti della famiglia al Saud, avrebbe fatto la sua scelta dopo la morte di Abdullah e quella di Sultan, già nominato successore. Il re non aveva però chiarito se anche Nayef, il terzo per età nella linea reale, sarebbe diventato re o il Consiglio sarebbe entrato in funzione subito dopo la scomparsa di Sultan. In qualsiasi momento il Consiglio farà la sua scelta, sarà comunque una prima volta, con tutte le incertezze sulla definizione del candidato adatto a guidare il più grande produttore mondiale di petrolio in mezza alla regione politica più volatile.
Non occorre dunque partecipare alla Primavera araba, dalla quale l'Arabia Saudita si è imposta di stare il più lontano possibile, per vivere nell'incertezza del Medio Oriente. È in fondo un atto di coraggio quello del World Economic Forum di Davos, di riprendere i suoi vertici regionali del Medio Oriente. Gli ospiti d'onore di quelli precedenti erano i tecnocrati egiziani di Gamal Mubarak, produttori di una effettiva crescita economica ma che tuttavia finiva nelle tasche di pochi, impoverendo sempre di più gli altri. Per redimere il passato, il padre fondatore del World Economic Forum, Klaus Schwab, ha voluto intitolare questo vertice: "Crescita economica e creazione del lavoro nel mondo arabo". I giovani scesi in strada per primi a Tunisi, al Cairo, Tripoli e Damasco erano solo l'avanguardia degli 85 milioni di ragazzi arabi che entreranno nel mercato del lavoro entro un decennio, a partire da adesso. La gran parte di loro sarà istruita: scuole superiori o laurea universitaria. Non si accontenteranno di un lavoro qualsiasi. "Dal capitalismo al talentiamo" è lo slogan che ora propone Klaus Schwab per il mondo arabo.
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