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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 19:37.

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Nasce nel sangue la nuova Libia, dopo la danza macabra dei ribelli intorno al cadavere di Gheddafi: difficile separare le immagini del linciaggio sul corpo del dittatore da quelle della piazza di Bengasi dove il presidente del Consiglio nazionale transitorio, Mustafa Abdel Jalil, ha annunciato la liberazione del Paese davanti a una folla euforica che accompagnava gli slogan con raffiche di giubilo.

Il crollo del regime avviene in un clima quasi selvaggio che materialmente si traduce in migliaia di uomini armati che percorrono le città e il Paese. Da chi e come verranno disarmati? Forse dal nuovo governo che dovrà sostituire il dimissionario Consiglio transitorio. Una parte, come avviene quasi sempre in questi casi, potrà essere integrata nelle forze di sicurezza del Paese. Ma quali? La polizia in alcuni casi, poi l'esercito che in realtà il Colonnello aveva degradato servendosi delle sue milizie personali.
Già in questo passaggio delicato, il disarmo degli insorti, si metterà alla prova il nuovo regime libico: è abbastanza prevedibile che non tutti saranno d'accordo.
Per questo saranno decisive le mosse politiche per formare un governo rappresentativo capace di convincere il Paese a un ritorno alla normalità: si può leggere anche in questo modo l'omaggio alla sharia, la legge islamica, fatta dal presidente Jalil, come un tentativo di tenere insieme le diverse anime degli insorti.

Ma quale Paese avremo? La Libia è stata sottoposta per oltre quarant'anni al volere di un dittatore che ne aveva fatto una sua proprietà: è comprensibile che ora i libici vogliano rimettere le mani sulle loro ricchezze energetiche e sull'enorme quantità di denaro depredata dal clan del Colonnello. Ognuno sente di avere diritto a un risarcimento: chi noi capisce questo non conosce i libici. Soprattutto non si possono ignorare le storiche divisioni regionali: il fatto che la liberazione sia stata annunciata a Bengasi e non nella capitale è abbastanza indicativo. Per altro la stessa dichiarazione che insediava di re Idris nel 1951, dopo l'amministrazione britannica post bellica, venne fatta a Bengasi: il monarca si riteneva prima di tutto il sovrano della Cirenaica. Malvolentieri Idris diventò il re di tutta la Libia, così come il Cnt, nato proprio a Bengasi, si sente a disagio nella capitale persino quando c'è da annunciare che tutta la nazione è stata liberata. C'è da rifondare uno stato ma forse anche una nazione, le cui linee di divisione regionali, tribali, etniche, non sono a volte ben chiare politicamente ma che si percepiscono con una certa sensibilità storica e antropologica. Il momento però è favorevole anche per provare una riconciliazione con la storia e soprattutto con leggi accettabili e regole di vita civili.

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