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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 14:17.

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La squadra della Nuova Zelanda festeggia la vittoria della Coppa del Mondo di rugby (Reuters)La squadra della Nuova Zelanda festeggia la vittoria della Coppa del Mondo di rugby (Reuters)

Partiamo da un paragone con il calcio? Quante volte è stato detto che gli All Blacks neozelandesi sono il Brasile del rugby? Ebbene, come il Brasile questa squadra ha dovuto affrontare un'astinenza interminabile (24 anni) prima di rimettere le mani sulla Coppa del mondo.

Per i maestri sudamericani il periodo di magra è durato dal 1970 (quando vinsero a Città del Messico proprio contro l'Italia) al 1994, per gli uomini in nero dal 1987 fino a oggi.

Ancora una finale vinta contro la Francia, che allora - sempre all'Eden Park di Auckland – venne strapazzata con un 29-9, mentre stavolta è rimasta in partita fino all'ultimo, costringendo i padroni di casa a un secondo tempo di grande sofferenza. Si chiude con il minimo scarto (8-7) per l'amarezza dei francesi - che, come molti sospettavano, si sono inventati la partita migliore nel momento più importante - e il sollievo di capitan Richie Mc Caw e dei suoi compagni, del ct Graham Henry e dei suoi assistenti, di una nazione intera che non aspettava altro e che, per almeno una mezz'ora abbondante, ha costantemente temuto il peggio. Un punto di distacco a 32 minuti dalla fine, poi il risultato non è più cambiato: ma quante situazioni da batticuore, quanti momenti in cui sembrava che la Francia potesse sorpassare gli All Blacks, come era successo in semifinale nel 1999 e ai quarti nel 2007. Non c'è un terzo successo in rimonta per i transalpini, che invece portano a casa la terza sconfitta su tre finali disputate, a 12 anni di distanza una dall'altra: 1987, 1999 e 2011.

Il Mondiale degli infortuni non si è smentito nemmeno in finale. Fuori nel primo tempo i due mediani di apertura: prima Morgan Parra per la Francia (che ha sentito la sua assenza anche nei calci fermi), poi Aaron Cruden per la Nuova Zelanda. Al suo posto Stephen Donald, la quarta scelta dopo che guai di ordine fisico avevano già fatto fuori il grande Dan Carter e Colin Slade. Donald - che non era nella rosa iniziale dei 30, che è stato avvisato della convocazione a torneo avvenuto mentre era a pesca di "whitebaits" (i nostri, prelibati, bianchetti) e che ha esordito in un match di Coppa del mondo direttamente per questa finale - si è poi rivelato decisivo con un calcio in avvio di secondo tempo, dopo che Piri Weepu aveva sbagliato malamente tre occasioni su tre.

In questo modo si era in gran parte vanificato il predominio neozelandese del primo tempo, concretizzato solo da una meta del pilone Tony Woodcock al quarto d'ora. Punizione conquistata da McCaw, touche vinta in attacco, pallone preso in salto da Jerome Kaino, sempre molto positivo, e dato a Woodcock che trova un varco nella colpevole difesa francese. Ad ogni modo, anche i Galletti - orgogliosi nel fronteggiare la Haka con un cerchio a forma convessa che avanzava verso i neri impegnati nella danza prepartita - giocano un buon primo tempo, provando a mettere in difficoltà gli avversari con giocate veloci e con più di un pallone rubato. Bene Francois Trinh-Duc, sostituto di Parra, e bene la terza linea, con Thierry Dusautoir che sarà votato man of the match. Proprio Dusautoir riapre completamente l'incontro all'ottava minuto del secondo tempo, con una meta favorita da un errore di Weepu, che prova a calciare un pallone vagante anziché raccoglierlo. Parte Trinh-Duc (che nel primo tempo era stato fermato in extremis proprio da un placcaggio di Weepu) e l'azione si sviluppa lungo l'out sinistro, poi si torna verso il centro ed è Aurelien Rougerie a liberare il suo capitano per cinque punti importantissimi, seguiti dai due ottenuti da Trinh Duc con una facile trasformazione.

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