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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 16:16.

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Tunisia al votoTunisia al voto

È una grande giornata per la Tunisia, il primo Paese della primavera araba al voto per eleggere l'assemblea costituente: un test per la democrazia, dopo la cacciata di Ben Alì il 14 gennaio scorso, che è già un successo per l'alta affluenza alle urne. Al seggio di Rue de Marseille, nel cuore di Tunisi, a poche centinaia di metri da Avenue Bourhgiba, i votanti erano fila sin dall'apertura, alle sette del mattino, si è formata subito una lunga coda fino all'angolo con Rue Garibaldi: duemila persone in fila, disposte ordinatamente, in un'atmosfera festosa e tranquilla, con i poliziotti così rilassati che sedevano ai bar a sorseggiare un the o un caffè.

I tunisini stanno dando una prova eccezionale di partecipazione e di civismo, quasi commovente dopo decenni di dittatura. Si temeva l'astensione, l'indifferenza per la politica, giustificata da oltre un ventennio in cui le elezioni erano sistematicamente truccate dal clan Ben Alì: e invece moltissimi sono andati a votare per la prima volta, convinti che non sarebbe stata come le altre.

Giovani sopra i 18 anni, una generazione intera vissuta sotto l'autocrazia e la repressione, ma anche molti anziani, un popolo di ogni età e classe sociale si è affollato davanti alle scuole che ospitano i seggi.

Non si segnalano per il momento incidenti ma è stato significativo il coro che ha accolto il leader del partito islamico Ennhada, favorito dai sondaggi, quando si è presentato a votare nel quartiere tunisino di Minzah 6: la gente lo ha accolto con un "Degage", "Vattene" lo stesso slogan che gridavano nella manifestazioni contro Ben Alì. Gannouchi ha mostrato sorridendo alle telecamere il dito intinto nell'inchiostro, il marchio per chi ha votato, e si è allontanato con la figlia Soumaya, ricercatrice alla School of Oriental Studies di Londra, visibilmente irritata: "Questa non è democrazia", ha dichiarato Soumaya che per vent'anni ha vissuto in esilio con il padre in Gran Bretagna.

Ma ancora più simbolico è stato il voto della madre di Mohammed Bouazizi, il giovane di 26 anni che il 17 dicembre 2010 si diede fuoco a Sidi Bouziz innescando la rivoluzione di gelsomini. La famiglia Bouazizi ha votato a La Marsa, il sobborgo di Tunisi affacciato sul mare, mentre il fratello a Sfax. Anche la Tunisia profonda, secondo le notizie che provengono da Kasserine, sta affollando le urne: si attende un tasso di partecipazione superiore almeno al 60 per cento degli aventi diritto, circa 7 milioni di cui oltre quattro iscritti nelle liste elettorali. I primi risultati arriveranno nella notte di oggi: oltre al favorito Ennahda, si aspettano buone performance per i partiti laici come il Pdp, formazione di centro, il cui segretario è una donna, Maya Jrbi, e la coalizione del Forum democratico: ma le previsioni sono assai incerte per il numero delle liste, un centinaio, e soprattutto perché si tratta della prima volta che i tunisini possono esprimersi liberamente.

La signora Jamia Khmmarti, ex direttrice della biblioteca nazionale e rappresentante dell'associazione donne democratiche, mi accoglie nel suo riad della Medina, restaurato a regola d'arte, con una frase piena di speranza e di civiltà: "Questa elezione è di tutti, di coloro che hanno resistito a Ben Alì ma anche di quelli che sono rimasti per anni in silenzio. La democrazia è pure per i controrivoluzionari e i nostalgici del vecchio regime: la migliore cura per guarire dai postumi della dittatura". Non c'è altro da dire: la Tunisia, in attesa dei risultati, continua a ispirare il cambiamento nel mondo arabo.

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