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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 06:37.

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ROMA.
Scelte dure, ma indispensabili, per dare certezze all'Europa. Pena il rischio di una recessione, con gli imprenditori che si sentono soli. Alla vigilia del vertice Ue continua dal mondo dell'economia il pressing: da Giorgio Squinzi a Sergio Marchionne, da Diana Bracco a Carlo Sangalli. «Facciamo fatica a comprendere le difficoltà che impediscono al nostro paese di prendere decisioni e mantenere gli impegni», dice Squinzi, presidente del Comitato per l'Europa di Confindustria e numero uno della Mapei. «Il problema vero sono le prospettive dell'economia reale, da affrontare con coraggio e forza con una politica economica seria e un nuovo senso di responsabilità verso la Ue», è il parere di Marchionne, ad Fiat.
La crescita, innanzitutto: «non sono più tollerabili né rinvii né annunci. Il tempo è scaduto. Era un governo da cui ci aspettavamo molto, ma nulla è arrivato», ha denunciato il presidente Confcommercio Sangalli, sottolineando che «molti associati non ce la fanno più e la recessione è vicina». Lo spread tra Bund tedeschi e Btp italiani è sopra il livello di guardia da mesi. Con la conseguenza di rendere più caro il denaro. «Il credit crunch ma in generale la difficoltà ad ottenere credito da parte delle imprese potrebbe portare ad una recrudescenza dell'usura», è il timore di Sandro Cepollina, presidente Confindustria Liguria.
La preccupazione è diffusa: «I sistemi bancari francesi e tedeschi sono più in difficoltà del nostro. Ma noi dobbiamo fare scelte dure e indispensabili. L'euro sta in piedi solo se si riuscirà ad unificare welfare, politiche fiscali, su infrastrutture materiali e immateriali», ha insistito Squinzi, che ieri ha parlato anche della successione ad Emma Marcegaglia: «Ho molte pressioni, sto maturando una decisione. Credo molto nel sistema associativo, c'è bisogno di una rappresentanza forte».
Sulle tensioni dei mercati si è soffermato anche Marchionne: «La preoccupazione più grande degli investitori internazionali non è tanto se uno Stato sia in grado di ripagare i finanziamenti in scadenza ma se ricomincerà a crescere o no. In questo caso non è un paese in cui investire». Una politica che non è vicina al mondo dell'economia è la denuncia della Bracco, imprenditrice farmaceutica, presidente di Comitato speciale Expo di Confindustria: «Vorremmo che fosse più attiva rispetto alle nostre proposte, soprattutto in tempi veloci».
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