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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 16:10.

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Per i fiorentini del centro pedonalizzato Pennello da Quaracchi (al secolo l'illustratore quarantacinquenne Francesco Spadoni) è un genio della satira in ritratto. Ma qual è dunque il suo genio? Presto detto: aver additato - in salsa goliardica e neo-rinascimentale - «Messer Matteo Fi-Renzi, reggitor della cittade».

E allora eccolo bello e disteso sul dipinto il sindaco Matteo Renzi in vesti damascate e tutto intento ad illustrare la «novell'opra de l' suo ingegno: l'inversione di marcia su ponte Santa Trinità».

E sì, perché agli anziani che vivono in centro e rimpiangono i tempi in cui c'era l'autobus, la rivoluzione del traffico del giovane sindaco proprio non va giù, viste le faticose camminate senz'auto a cui li sottopone, «carichi di barocci e financo bare» come li vuole il pennello del Quaracchi. E allora giù con un profluvio di arguzie sul suo ego che sulle rive d'Arno giurano essere grandissimo. Di dimensioni quasi infinite. Uno che per dirla in breve «sul rifacimento della facciata della Basilica di San Lorenzo ci aprirebbe un dibattito culturale». Dove il non detto d'ironia lo paragona al divino Michelangelo e il refrain del "dibattito culturale" sta al sindaco di Firenze come l'apertura di una "rassegna sul cinema", di veltroniana memoria, alle buche sull'asfalto lamentate dai romani.

«Non si può certo fargliene una colpa se il Renzi pensa in grande» dicono di lui i suoi. Il Renzi, eroe oltre confine della rottamazione e per questo «molto poco amato» dai big d'antan del Pd «è un giovane che sa ascoltare» ripetono i sostenitori, che chiameremo Guelfi per facilità . «Ma proprio tutti» protestano tal altri fra i suoi concittadini (ovviamente i Ghibellini) che ormai usi ad incontrarlo col suo spirito affabile e gioviale per le vie cittadine, a piedi o in bicicletta, talvolta osano perfino disdegnar risposte «alle sue domande sempre gentili sui miglioramenti cittadini». Quand'anche ormai non gli fischian dietro.

«Il Renzi piace e parla chiaro alla gente, con un linguaggio comprensibile» sostengono molte fiorentine, sulle quali esercita «un fascino rassicurante». Parlar chiaro è affermazione rischiosa, nella culla dell'italiano di Dante. E così, ahi ahi, sono dolori, per quel certo biascicamento tra le «esse e le t» che quei pusillanime di puristi della lingua proprio non gli perdonano. E figurarsi. Lui fa solo «il piacione» lo accusano gli altri, che gli ricordano pure l'uso fin troppo spavaldo dei media. Media che il sindaco frequenta fin da giovanissimo, quando ebbe la sua gloria come «campione della Ruota della fortuna di Mike Bongiorno» ricorda, con una punta di vetriolo, una signora della più antica aristocrazia cittadina.

«Solo con lui abbiamo un futuro» ribattono decisi i suoi sostenitori. "Come ha impresso sul marmo l'imitazione di Crozza, è solo «il niente che avanza» protesta una collega giornalista di parte smaccatamente avversa.

Piacione o rassicurante, troppo mediaticamente esposto o gran comunicatore, Renzi certo è uno che fa discutere. Cosa questa, si dirà, neppure poi troppo difficile nella Firenze delle partigianerie congenite! Eppure fra i suoi concittadini, sostenitori e avversari, quasi tutti sono però pronti a scommettere che il suo futuro sarà fulgido di conquiste politiche. Il guanto di sfida a Bersani il sindaco d'altronde lo gettò fin dalla sua uscita più famosa sulla rottamazione. E pazienza se Pippo Civati e Debora Serracchiani si sono persi per strada.

Per ora nel suo curriculum non ci sono stati grandi scivoloni. Salvo quella visita ad Arcore che in tanti non gli perdonano ancora e che l'implacabile Pennello da Quaracchi ha infilzato con un ritratto del nostro in veste di rinascimentale paffutello giovinetto in braccio del vecchio "messere" e premier Silvio Berlusconi.

Perché l'accusa più bruciante, o la chiave del successo, a seconda dei punti di vista, per il Renzi in fondo è tutta qui: clone o meno lui è forse l'unico ad avere a sinistra molte delle doti del Berlusconi gran comunicatore. Frasi spot, cliché perfetti giusti per il titolo, slogan a gogò sono per lui come il pane. Appunto, «il sindaco che la destra ci invidia» sussurrano, e poi gridano, i maligni. E vai a sapere. Che possa davvero piacere agli indecisi fra gli elettori di destra?

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