Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 18:37.

My24
(LaPresse)(LaPresse)

Terminato il Mondiale di rugby, e (quasi) esaurita l'ondata di festeggiamenti per gli All Blacks profeti in patria, è arrivato il momento di cominciare a fare qualche conto. E il primo bilancio che si può stilare ha due "esiti" diversi: la vittoria finale frutterà sicuramente entrate significative per la Nzru, la federazione neozelandese, adesso in grado spingere ancora più a fondo sull'acceleratore dell'appeal di quella che era già di gran lunga la squadra di rugby più famosa del mondo; mentre l'International rugby board (cioè la federazione internazionale) conclude la manifestazione con un incasso ben più modesto rispetto all'edizione di Francia 2007.

Né l'una né l'altra delle facce di questa medaglia possono sorprendere. Rispetto a quattro anni fa, la competizione si è svolta in un Paese che conta 4,5 milioni di abitanti (contro i 65 milioni della Francia), è decisamente lontano da quasi tutto il resto del mondo e, per di più, ha un fuso orario che non favoriva certo audience straordinarie per i mercati televisivi europei, quelli più importanti per la palla ovale. Dai 350mila visitatori stranieri nella nazione transalpina si è scesi ai 100mila che hanno raggiunto la Nuova Zelanda. Logico che ne abbiano risentito le entrate da merchandising e da pacchetti "hospitality", così come è facile presumere che anche dai diritti tv e dalle sponsorizzazioni siano arrivate somme meno consistenti. L'Irb pensava di realizzare un surplus netto inferiore del 25% rispetto ai 122,4 milioni di sterline totalizzati nel 2007. In realtà, le cose sono andate anche peggio: la cifra incassata, secondo le prime stime, arriva a 80 milioni di sterline, con una perdita che sfiora il 35 per cento.

Perciò, se si parla della riuscita sul piano organizzativo è più che legittima la soddisfazione del presidente uscente Bernard Lapasset (che punta alla riconferma ma se la deve vedere con l'inglese Bill Beaumont). Se invece il discorso si sposta esclusivamente sui soldi, è chiaro che qualche problema c'è. L'Irb ricava dalla Coppa del mondo il 95% dei suoi introiti e, chiaramente, il ridimensionamento degli incassi avrà ripercussioni negative anche sugli investimenti effettuati a favore del movimento su scala planetaria.

Non per niente, i dirigenti dell'organismo internazionale si sono cautelati per tempo scegliendo due sedi "forti" dal punto di vista finanziario sia per il 2015 sia per il 2019 (quando il torneo esordirà in Asia, precisamente in Giappone, che garantisce presenze di appassionati e soprattutto l'interesse di numerosi sponsor, anche locali).

Fra quattro anni, invece, si va in Inghilterra, con uno sconfinamento in Galles per giocare anche al Millennium Stadium di Cardiff: già prenotati gli impianti più capienti, compresi i templi calcistici di Wembley, a Londra e dell'Old Trafford, a Manchester. Si punta alla cifra record di 3 milioni di spettatori sugli spalti.

Un numero più che doppio rispetto al milione e 400mila biglietti venduti in Nuova Zelanda e decisamente più alto anche del primato attuale, che è stato stabilito in Francia con 2,2 milioni di presenze. La vendita di biglietti è stata l'unica fonte di entrate per il comitato organizzatore neozelandese. In cassa è arrivato l'equivalente di circa 155 milioni di euro, a fronte di 175 milioni di euro di spese. I 20 milioni di rosso saranno ripianati per due terzi dal Governo e per un terzo dalla federazione. Su un fronte più generale, comunque, uno studio indipendente commissionato durante il torneo da MasterCard (uno dei partner della manifestazione) ha quantificato in 435 milioni di euro i benefici economici diretti per la Nuova Zelanda e in circa 1,2 miliardi le ricadute positive più a lungo termine.

Quanto alla federazione, non viene da un momento particolarmente florido. Ha chiuso il bilancio 2010 con un passivo di 5,5 milioni di euro (di cui 3,7 milioni per spese collegate alla Coppa del mondo) e sicuramente sconterà nel 2011 la mancanza di una classica fonte di guadagni, quella originata dalla tournée europea che si svolge normalmente a novembre e che, com'è ovvio, quest'anno salterà. Steve Tew, ceo della Nzru, si è spinto addirittura a minacciare la mancata partecipazione della Nuova Zelanda ai prossimi Mondiali se la ripartizione dei fondi da parte dell'Irb non terrà presente questo fattore. Una cosa francamente poco sportiva. Mike Miller, suo pari gradi in seno alla federazione internazionale, ha risposto, abbastanza piccato, che nessuno è indispensabile…

Ma tutti i motivi di polemica si possono stemperare a fronte del successo mondiale degli uomini in maglia nera. Che erano già delle icone sportive e ora possono mettere sul piatto anche il peso di quel titolo mondiale che, a dispetto della loro fama e del loro fascino, era sfuggito loro per cinque volte di seguito.

L'appetibilità del team aumenta ancora per sponsor e tv, e non a caso la federazione Kiwi ha annunciato proprio in questi giorni la decisione di aprire un ufficio commerciale a Parigi: lo scopo è quello di commercializzare il marchio All Blacks sul mercato straniero giudicato più importante, provando anche ad allacciare nuovi rapporti con aziende del vecchio continente.

Una fetta della torta andrà naturalmente anche ai giocatori. Si tratterà di vedere quanti, fra gli eroi del momento, decideranno di monetizzare la loro immagine vincente scegliendo contratti molto remunerativi in qualche squadra europea, rinunciando però alle future convocazioni in Nazionale, e quanti rimarranno in patria. La seconda opzione, a quanto risulta, è già stata esercitata da Richie McCaw. Il capitano avrebbe rinnovato fino al 2015 il suo legame con la federazione, che mette sotto contratto i giocatori più importanti.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi