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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 08:12.

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ROMA.
Il commento più semplice e drammatico sulla funzione e l'importanza dell'Euro lo ha dato la cancelliera tedesca Angela Merkel qualche giorno fa di fronte al Bundestag, il parlamento tedesco: «Non bisogna dare per scontati altri 50 anni di pace in Europa» - ha detto Merkel - «ecco perché dico che se l'euro fallisce l'Europa fallirà, e questo non deve succedere». La Merkel conosce la storia e non è per caso che a sospingere il disegno di costruzione di questa moneta "strana" che è l'euro siano stati uomini di una generazione che aveva vissuto la catastrofe della seconda guerra mondiale e che di quella tragedia conservava una memoria diretta: Giulio Andreotti, Carlo Azeglio Ciampi, Jacques Delors, Valery Giscard d'Estaing, Helmut Kohl, Francois Mitterand, Helmut Schmidt, ai quali in seguito si sono affiancate personalità di una generazione successiva come Tommaso Padoa-Schioppa. Un'altra banalità simbolica sulla quale si potrebbe riflettere riguarda i nostri figli, i ragazzi ai quali stiamo preparando un futuro più povero di quello che è alle nostre spalle per mancanza di solidarietà generazionale, e che hanno avuto in dote, sinora, solo la possibilità di andare in vacanza o a cercare lavoro in Europa senza doversi preoccupare di passare dogana e cambiare valuta. Vogliamo togliere loro anche questo?
Poi si potrebbe ricordare quello che dicono i manuali a proposito delle unioni monetarie, vale a dire che così si annullano i costi di transazione derivanti dal cambio di una moneta in un'altra e si eliminano i rischi di cambio, cioè l'incertezza che pesa su chi commercia fra due paesi e deve fare piani per il futuro tenendo conto del cambio. Ma i libri dicono, soprattutto, che le unioni monetarie sono utili a tenere a bada gli istinti negativi che si possono scatenare nel gioco della politica internazionale innescato dalle competizioni commerciali e dal protezionismo (i libri di economia parlano della politica del beggar thy neighbour, "getta sul lastrico il tuo vicino" scatenatasi negli anni Trenta, quando l'unica salvezza dalla crisi sembravano le svalutazioni competitive). Infine, si potrebbe parlare di noi, di un po' di storia patria recente e meno recente: ricordare quanto era insicura e dolorosa la vita economica e sociale, soprattutto per chi vive di reddito fisso, quando c'erano inflazione e tassi d'interesse a due cifre. E che cosa ha significato invece poter disporre, certamente dal primo gennaio 1999 ma anche da prima, negli anni in cui l'economia italiana si affannava nel catching up, di un'epoca di tassi d'interesse a breve e a medio termine, nominali e reali, cioè al netto dell'inflazione, come non si vedevano dagli anni '50 (alla giornata del Risparmio è stata ricordata la singolarità di un paese, l'Italia, che ha una ricchezza complessiva pari a 8 volte il Pil: certamente una parte di quella grande ricchezza è venuta da un'epoca di tassi d'interesse bassi legata alla nostra presenza nell'euro). Dal '99 la forza e la stabilità della moneta unica hanno tolto al problema dell'inflazione la drammaticità che nella vita economica italiana era stata una costante nei precedenti trent'anni. Dall'adozione dell'euro a oggi il tasso d'interesse reale a tre mesi è stato in media dell'uno per cento, inferiore di quattro punti a quello del decennio precedente, il tasso nominale medio sui prestiti per l'acquisto di abitazioni, nella media del decennio dell'euro è stato al 4,5% contro l'11,3% dei dieci anni precedenti. Poi, quando nel 2007 e nel 2008 sono arrivati degli shock esterni da prezzo del petrolio, forti come quelli della fine degli anni '70, hanno provocato un rialzo una tantum dei prezzi al consumo inferiore ai due punti percentuali, che non si è trasformato in inflazione permanente: secondo delle stime della Banca d'Italia l'impatto inflazionistico degli ultimi rialzi del petrolio è stato pari a un decimo rispetto a quello degli anni Settanta.
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