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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2011 alle ore 17:04.

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Per capire in che modo e fino a che punto i giudici della prima sezione del Tribunale di Milano, che si sono pronunciati sulla vicenda della tentata scalata di Unipol a Bnl, hanno accolto la ricostruzione fatta dalla procura bisognerà attendere 45 giorni. È questo infatti il termine fissato dal collegio presieduto da Giovanna Ichino per il deposito delle motivazioni del dispositivo che ha portato a 16 condanne (13 persone e tre società) e a 12 assoluzioni (otto persone e quattro società).

Dalla pronuncia di oggi, tuttavia, si può provare a interpretare quale è stata la visione che ha guidato i giudici. L'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio è stato condannato a tre anni e sei mesi, dopo che per la tentata scalata dell'allora Popolare di Lodi ad Antonveneta ha preso una condanna a quattro anni. Il suo ruolo di arbitro non imparziale nella lunga estate del risiko bancario appare quindi ancora una volta confermata. Come lo ha definito il pm di Milano Luigi Orsi nella requisitoria del processo, che oggi è arrivato alla sentenza di primo grado, Fazio è un "autocrate" con "una visione particolarissima personale" del suo potere, che aveva come obiettivo la difesa "dell'italianità" delle banche. Con lui, rimarca ancora il pm Orsi, "la Banca d'Italia non è organo di vigilanza ma è giocatore della partita".

Sia in questo processo che in quello Antonveneta-Bpl, tra gli imputati figura l'ex capo della Vigilanza di Palazzo Koch, Francesco Frasca. Per lui in entrambi i casi sono arrivate due assoluzioni, nonostante il suo ruolo era stato giudicato comunque importante dai magistrati, anche loro ne avevano riconosciuta una totale "subalternità" a Fazio e forse proprio questa gli valsa l'assoluzione.

Con le condanne ai vertici di Unipol (Giovanni Cosorte, Ivano Sacchetti e Carlo Cimbri) i giudici sembrano aver accolto la tesi della procura che li considera "intercambiabili" e "motori" di una operazione che, comunque, non sarebbe stata possibile senza la "regia" di Via Nazionale. Tutta da capire nelle motivazioni la scelta di condannare solamente Guido Leoni (Bper) tra i banchieri imputati.

Per la procura erano "la guarda pretoriana del governatore" e per questo andavano messi "tutti sullo stesso piano". Il tribunale ha dato una interpretazione diversa e così per Giovanni Berneschi (Carige), Giovanni Zonin e Divo Gronchi (entrambi Popolare di Vicenza) sono arrivate delle assoluzioni. Per quanto riguarda i contropattisti, i giudici della prima sezione penale del tribunale meneghino hanno emesso per tutti loro la stessa condanna: tre anni e sei mesi e 900mila euro di multa ciascuno.

Mentre per Francesco Gaetano Caltagirone la pena risulta scontata rispetto alla richiesta dei pm (che avevano chiesto quattro anni e una multa da un milione) per gli altri c'è stato un aumento rispetto alle richieste della procura (tre anni e 600mila euro). I magistrati avevano dato a Caltagirone un ruolo da "capofila" nel gruppo degli immobiliaristi romani ("colui che decide"), i giudici, stando almeno al tenore della condanna, hanno dato a tutti lo stesso peso.

Per Emilio Gnutti, infine, è arrivata una sentenza sfavorevole (tre anni e sei mesi con multa di 600mila euro) quando i pm Orsi e Ruta ne avevano chiesto l'assoluzione, sostenendo che "entra nella vicenda solo l'11 luglio 2005", quindi quando una serie di decisioni erano state già prese senza la sua partecipazione. Al di là delle singole posizioni, di fronte al numero delle condanne e alla loro entità, appare chiaro che l'impianto accusatorio della procura di Milano è stato recepito dai giudici. Così sull'estate dei "furbetti del quartierino" arriva a un primo traguardo.

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