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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2011 alle ore 08:09.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2011 alle ore 08:33.

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Immaginate di acquistare una polizza assicurativa contro il furto della vostra auto, e di scoprire – quando sfortunatamente la macchina viene rubata – che il risarcimento non scatta. Questa esatta disavventura è capitata a migliaia di investitori internazionali. Non una, ma ben due volte: chi aveva acquistato un'assicurazione per coprirsi dal rischio di default della Grecia, scopre infatti ora che la polizza vale meno dei bond che doveva assicurare.

Insomma: i credit default swap (questo il nome tecnico delle polizze) sono attualmente inutili. Il motivo è semplice: la modalità con cui è congegnato il "taglio" dei titoli di Stato greci (che resta «volontario» per gli investitori), non fa scattare il default e dunque non fa partire il risarcimento. Lo ha stabilito anche l'Isda, l'associazione internazionale dei derivati.

Sebbene possa far gioire il fatto che a pagare il conto del crack greco siano anche gli "speculatori", questo finto default di Atene rischia in realtà di produrre più danni che benefici. Esattamente come è accaduto la scorsa estate, quando la Grecia ristrutturò il debito una prima volta nello stesso identico modo. Anche allora non scattarono i risarcimenti per chi aveva acquistato i credit default swap, sebbene Atene avesse chiesto agli investitori un sacrificio – volontario – in termini di capitale. Quella volta gli investitori hanno reagito in maniera decisa: dal massimo toccato il 21 di luglio (data dell'accordo sulla Grecia) a metà settembre le Borse europee hanno perso il 28%. E uno dei motivi determinanti era legato proprio al "caso" Cds.

Per capire come una questione così tecnica possa influenzare il comportamento dei grandi investitori internazionali, bisogna entrare nella loro testa. Tanti di loro hanno in portafoglio titoli di Stato greci, ma hanno in parte "coperto" la posizione acquistando proprio credit default swap. Immaginiamo che un fondo americano abbia in portafoglio 100 milioni di euro di titoli ellenici, ma abbia contemporaneamente assicurato la metà di questa esposizione: questo fondo è convinto che il suo rischio sia limitato a 50 milioni, dato che altri 50 sono "coperti" da polizza. Ma quando a luglio scopre che la "polizza" non scatta, il fondo capisce che la sua esposizione non è più di 50, ma è tornata a 100 milioni. La sorpresa è la stessa dell'automobilista che, dopo il furto dell'auto, scopre che la sua assicurazione non lo risarcisce. Per questo, a luglio, gli investitori non hanno avuto altra scelta che vendere: titoli greci in primis, ma anche titoli italiani, spagnoli e così via.

Ecco perché anche questa ennesima ristrutturazione greca, che non fa scattare i risarcimenti dei Cds, rischia di diventare controproducente: può avvalorare ulteriormente l'idea che queste speciali polizze assicurative non servano a nulla. È vero che a pagare il conto sono i grandi "speculatori" (un po' per uno, potremmo dire): ma se poi loro, per aggiustare i portafogli, scaricano le frustrazioni in Borsa e sui titoli di Stato mettendo in ginocchio Paesi interi, allora il problema dei Cds diventa un problema di tutti.

m.longo@ilsole24ore.com
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