Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2011 alle ore 06:38.

My24


L'Iran lavora all'atomica: non è uno scoop perché nessuno poteva credere che Teheran si limitasse soltanto all'uso civile del nucleare ma finalmente lo ha scoperto anche l'Aiea, grazie - così si dice nell'ultimo rapporto dell'Agenzia reso noto ieri - alla collaborazione di uno Stato membro. L'Aiea «è seriamente preoccupata» dalle dimensioni militari del programma iraniano: «Teheran ha condotto attività rilevanti per lo sviluppo di un ordigno nucleare esplosivo». Il contenuto è più o meno quello che spiegava nei giorni scorsi sul Washington Post David Albright, ex membro dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica e oggi presidente dell'Istituto per la scienza e la sicurezza nazionale.
È intuibile quindi da che parte provengano le informazioni sulla bomba iraniana, così come appare scontata la reazione degli Stati Uniti: non commentiamo, è stata la dichiarazione del Dipartimento di Stato, ci serve tempo per studiarlo. E per trovare anche il modo di smentirsi perché l'ultimo rapporto dell'intelligence, pubblicato nel 2007, sosteneva che l'Iran aveva fermato il programma militare atomico nel 2003.
Insomma è il gioco delle parti nel Great Game del Golfo, la scacchiera più strategica delle relazioni internazionali, dove si incrociano atomiche e petrolio, un'area che parte dalla Turchia e arriva fino all'Afghanistan che Zbigniew Brzezinski, ex consigliere del presidente Carter, definì alla fine degli anni 70 l'arco della crisi: più di trent'anni dopo la crisi è sempre aperta e l'Iran è ancora una volta tra i protagonisti.
Il rapporto dell'Aiea, diffuso con frasi ambigue e involute, non contiene la cosiddetta "smoking gun", la pistola fumante, la prova assoluta sugli esperimenti atomici di Teheran ma sembra abbastanza circostanziato e parla anche della collaborazione di tecnici stranieri tra cui un russo, tale Danilenko, il cui nome era già stato fatto dal Washington Post: gli Stati Uniti, ovviamente già informati di queste novità, sono prudenti, anche perché vantano precedenti non brillanti, legati alle famigerate e mai trovate armi di distruzione di massa di Saddam.
Ma a questo punto non potranno certamente ignorare a lungo il rapporto né resistere alla pressioni di Israele, che ha agitato per una settimana "l'opzione Osirak", cioè un attacco aereo preventivo simile a quello che liquidò nell'81 il piano nucleare iracheno. E per essere ancora più convincenti gli israeliani si sono inventati un piano, apparso ieri sui media, definito "Armada Volante", un'operazione con un centinaio di cacciabombardieri accompagnato da una pioggia di missili balistici.
Per il momento non è in agenda nessun attacco - lo ha detto anche il ministro della Difesa Ehud Barak - ma gli israeliani chiedono un inasprimento delle sanzioni che potrebbero prevedere misure contro la Banca centrale di Teheran e il blocco dell'export di petrolio iraniano. In relazione a questa ipotesi, per ora remota, si è mobilitata pure la diplomazia italiana che ha convocato oggi i rappresentanti delle imprese petrolifere e della Confindustria per valutare il possibile impatto di un embargo.
La linea di contestazione al rapporto Aiea è costituita ovviamente dall'Iran, dalla Russia e dalla Cina, sia pure quest'ultima con varie sfumature. Teheran sostiene che è «squilibrato e tendenzioso», redatto sotto pressione americana. La Russia ritiene che sia diretto a minare le possibilità di una soluzione diplomatica e spiega che già da tempo erano state fornite informazioni sul coinvolgimento di uno scienziato russo.
E adesso comincia lo stantio balletto delle sanzioni: siamo al quinto round nei confronti dell'Iran che apparentemente non sembra essere stato molto colpito dalle misure precedenti. La comunità internazionale mostra preoccupazione ma c'è anche la sensazione che gli iraniani stiano facendo un bluff: la loro bomba è già questa, un'atomica potenziale, o virtuale, che mentre gli americani si ritirano dall'Iraq serve a gonfiare il petto nel Great Game del Golfo. C'è tutta la tensione che serve al regime per tenere in piedi il mito della repubblica islamica e non allentare la morsa della repressione sugli iraniani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi