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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2011 alle ore 09:38.
ROMA. Il toto ministri è, a questo punto, il cuore della vicenda-Monti. Tutte le resistenze, le divisioni e i ricatti del Pdl dipendono proprio da questo nodo: la lista dei ministri. Il partito del premier – e lui stesso – non ci sta a fare un passo indietro, come chiede Monti, ma i piedi li punta e riapre un negoziato su nomi di premier alternativi (ma poco probabili): Lamberto Dini e Angelino Alfano. Ma, in realtà, è una mossa solo per trattare sulla squadra come appare cristallino dalla dichiarazione di Fabrizio Cicchitto: «La composizione del governo dovrebbe essere preventivamente discussa con i partiti che dovranno poi votare il Governo in Parlamento. Non possono essere annullate le procedure per la formazione del consenso».
Ecco dunque il dilemma: lista di tecnici? O lista mista: tecnici, politici? Già perché l'unica cosa che si esclude è che possano entrare solo uomini di partiti. Lo ammette anche Pierluigi Bersani: «Ci deve essere una forte componente tecnica, ma senza escludere componenti politiche». È certa, quindi, la presenza di personalità di spicco del mondo dell'economia e dell'università per targare su livelli di eccellenza il Governo che dovrebbe nascere domenica sotto il segno di Mario Monti. Di certo sarà un Esecutivo snello che dimezzerà il numero di ministri e sottosegretari.
L'unico incontro davvero indicativo della giornata è stato quello di Antonio Catricalà che a Palazzo Chigi ha visto Gianni Letta. Il suo nome era già trapelato nei giorni scorsi proprio come possibile sostituto del sottosegretario alla presidenza del Consiglio mentre all'Antitrust – al suo posto – potrebbe andare Lorenzo Bini Smaghi, fresco di dimissioni dal board della Bce. E proprio sulla sue dimissioni si era scatenato un braccio di ferro Berlusconi-Sarkozy, su cui si era espresso severamente Mario Monti che aveva definito «dilettantesca» la gestione del Governo italiano. E ora il nome di Bini Smaghi circola sia per l'Antitrust che per l'Economia insieme a Fabrizio Saccomanni. Per la verità, all'Economia si fa il nome anche di Vittorio Grilli, vicino a Tremonti e che da lui fu candidato a Palazzo Koch.
Di certo l'Economia è il dicastero centrale nella mission del nuovo Governo e non è escluso che possa essere affidato a un politico, un uomo come Giuliano Amato che però con più insistenza viene indicato come vicepremier o ministro degli Esteri (insieme a Franco Frattini). Il tema dei vice è un altro snodo. Perché se nel team entreranno i politici, ad affiancare Monti ce ne sarà uno del Pdl e l'altro del Pd. Si è fatto addirittura il nome dei due Letta, Gianni ed Enrico, ma pare più probabile il nome del vicesegretario del Pd che molti vorrebbero anche allo Sviluppo economico. Dicastero che però è negli "appetiti" del Pdl: Raffaele Fitto è uno dei nomi.
Ci sono poi i tecnici. In pole position c'è Pietro Ichino, candidato quasi naturale al Welfare per le sue proposte di riforma del mercato del lavoro e in particolare sul superamento dell'articolo 18 e la creazione di un contratto unico di lavoro. E poi c'è la Giustizia, altra patata bollente. Il Cavaliere insiste per "tenere" quella poltrona e lasciarla all'attuale ministro Francesco Nitto Palma. Non è detto però che il Pd abbia voglia di ingoiare un boccone così amaro vista la continuità con l'era berlusconiana. È spuntato allora il nome di Maurizio Lupi, pidiellino ma soprattutto uomo di punta del sistema-Cl che è dato in corsa pure per l'Istruzione, postazione cruciale nei rapporti con il Vaticano. Così come lo è il ministero della Salute ed è per questo che scendono le quotazioni di Umberto Veronesi, troppo laico. In buona posizione la radicale Emma Bonino per le politiche comunitarie: conosce da anni Mario Monti, è stata sua collega alla Commissione Ue e ha una grande esperienza sul fronte Ue. All'Interno c'è invece aria di ritorno: Beppe Pisanu. Infine, l'altro dilemma: la delega alle Telecomunicazioni, posto cruciale per Berlusconi. E se allo Sviluppo economico uno dei candidati è Piero Gnudi di area Udc (ma si parla anche di Enrico Giovannini), per quella delega così delicata, il Cavaliere preme per un uomo di sua fiducia.
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