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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2011 alle ore 19:45.

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Di pari passo con la vicenda di Termini Imerese, dove lo stabilimento Fiat chiuderà la settimana prossima i battenti, sul tavolo del Lingotto c'è un'altra vertenza: quella della Irisbus di Flumeri (Avellino), lo stabilimento per la produzione di autobus di cui Iveco ha preannunciato la chiusura. Il destino dei circa 700 dipendenti è affidato anche in questo caso alla possibilità che qualche altro imprenditore si faccia avanti per rilevare Irisbus. Una prima offerta era arrivata dalla DR Motor, la società molisana guidata da Massimo Di Risio che assembla auto cinesi e che è in pole position per rilevare anche Termini Imerese; la DR Motor, anch'essa peraltro in difficoltà finanziarie, si è però tirata indietro e ha preferito concentrarsi su Termini.

Più di recente è spuntata per Flumeri un'offerta addirittura cinese, che ha destato l'entusiasmo di più di un politico locale: quella della Amsia Motors. A guardar bene, però, l'offerta di cinese ha ben poco e arriva invece da una strana coppia: un uomo d'affari del Bangla Desh e un socio italiano. Una compagine che ha visitato lo stabilimento e incontrato le autorità locali, ma che lascia ancora più di un dubbio sulla sua reale consistenza.

La presunta multinazionale (definita «un colosso sino-americano» dall'ottimista Alessandro Pagano, deputato del Pdl) si chiama Amsia Motors e si presenta con un curioso sito internet (www.amsiamotors.com) scritto in un inglese zoppicante o mal tradotto da qualche lingua straniera. Un sito che rivela una qual propensione all'esagerazione, quando non alla millanteria. «Il bestione! Scalata Fiat, Irisbus, Iveco!» esclama il blog alla data 6 novembre, che poco sotto così dichiara: «Mustafa Ahmed, presidente e CEO del gruppo Amsia Motors/IBH, è entrato in una joint venture con Mr.

Pasquale Raucci della Eurotekne Ltd, con la missione di stabilire un impianto nel Sud dell'Italia per produrre bus, camion e Suv». Gli obiettivi sono ambiziosi: «Produrre inizialmente 12mila unità l'anno» grazie alla «collaborazione tecnica» con la cinese Dfm, ovvero il colosso Dongfeng Motors.

Chi è Mustafa Ahmed? «Mustafa», come lo chiamano anche gli italiani entrati in contatto con lui, è un cittadino del Bangladesh che ha fondato negli anni 90 la Inter Baraka Holding, una trading company con sede in Bangladesh e un ufficio negli Usa; la Ibh è comparsa sulla stampa internazionale nel 2006, quando acquistò dalla cinese Chongqing Yutong 120 autobus equipaggiati con motori americani Cummins. Nel curriculum della Inter Baraka non c'è traccia di produzione di autobus (né tanto meno in quello della Amsia). La cinese DFM, non è pervenuta.

Quanto al socio italiano, chi è il 66enne Raucci? «Un commercialista» dice Giovanni Ianniciello, sindaco di Grottaminarda (una cittadina vicino a Flumeri), che ha incontrato sia lui che il socio asiatico. «Un commercialista» che risulta avere cariche in varie società italiane tra cui una Eurotekne Consortium, dove il suo nome compare insieme a due cittadini turchi, il 70enne Dalan Bedrettin e l'82enne Garih Uzeyir. In passato Raucci è stato consigliere della Eurocem, società con sede a Napoli coinvolta in inchieste sulla camorra (poi fallita negli anni 90).
La Amsia ha un album fotografico in cui - nella migliore tradizione cinese - ha inserito una serie di copie di veicoli altrui cui è stato apposto il marchio Amsia.

C'è perfino una Fiat 500, che con un paio di tocchi di fotoshop diventa addirittura elettrica, e si chiama Amsia Komi (!) Con mezzi di questo tipo di potrà forse esportare qualche camion in Asia o in Africa, ma non si dovrebbe essere presi troppo sul serio quando sono in gioco centinaia di posti di lavoro in Italia...

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