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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 16:14.

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Indagini giudiziarie, conti in profondo rosso, tensioni al vertice. È in piena bufera il pianeta Finmeccanica, il secondo gruppo manifatturiero italiano. Un colosso da 71mila dipendenti e circa 17,5 miliardi di ricavi previsti quest'anno, con un indebitamento finanziario netto pari a 4.665 milioni di euro al 30 settembre scorso.

«Abbiamo un indebitamento troppo alto e un cash flow troppo basso», ha detto il nuovo amministratore delegato, Giuseppe Orsi, agli analisti il 15 novembre, il giorno in cui il titolo è crollato del 20 per cento. A fine luglio, nel precedente incontro con gli analisti, le azioni Finmeccanica erano precipitate del 17 per cento.

Si potrebbe suggerire al gruppo di abolire gli incontri periodici con Goldman Sachs, Ubs, Barclays, Mediobanca e le altre case d'investimento e stare a vedere se il titolo ne tragga beneficio. Negli ultimi due incontri Orsi e il d.g. Alessandro Pansa sono stati messi sulla graticola. Il problema sono i conti. Da mesi gli investitori hanno la sensazione che Finmeccanica non vada bene e che le cattive notizie non siano finite. Martedì la società ha presentato i conti dei nove mesi, con una perdita netta di 358 milioni, ma una perdita rettificata, escludendo le voci straordinarie, di 753 milioni: la causa è stata un accantonamento-bomba di 753 milioni per "oneri non ricorrenti" di Alenia legati alla produzione di parti di fusoliera del jet Boeing 787. L'accantonamento copre circa dieci anni di produzione, ma gli oneri sono spesati interamente in un esercizio, il 2011. Se le cose stanno così, un investitore avrebbe il diritto di chiedere chi sia il genio che in Alenia-Finmeccanica ha fatto un simile contratto con Boeing. E altri oneri "non ricorrenti" arriveranno con il bilancio finale 2011 per AnsaldoBreda, per l'elettronica, per la svalutazione per 3-400 milioni dell'americana Drs. Non c'è da stupirsi se in questa settimana il titolo ha perso circa il 30% e se dall'inizio dell'anno Finmeccanica ha bruciato il 62% del valore in Borsa.

In questo quadro difficile si aggiungono le tensioni tra il nuovo capo Orsi e l'ex numero uno, Pier Francesco Guarguaglini, dal 4 maggio solo presidente. Guarguaglini non è d'accordo con il piano di Orsi e probabilmente anche con la politica di bilancio, per questo non è andato al cda che lunedì ha approvato i conti e ha autorizzato Orsi ad avviare il suo piano, che prevede vendite per almeno un miliardo entro il 2012.

Guarguaglini non ha intenzione di dimettersi, neppure di fronte alla pressione delle indagini giudiziarie che toccano il gruppo e coinvolgono anche la moglie, Marina Grossi, che guida una delle controllate, la Selex Sistemi integrati, ma è destinata a saltare con il piano Orsi, che prevede la fusione delle tre Selex in una sola società.

L'indagine Enav tocca l'azienda guidata dall'ingegner Grossi, indagata da un anno per corruzione ed evasione fiscale. Finora non sono emerse notizie che facciano capire quali fatti le addebitino i pm. A fine luglio anche Guarguaglini ha saputo di essere indagato, per false fatturazioni, ma non si conosce per quali fatti. Dopo il cda, Guarguaglini e Orsi hanno avuto un paio di colloqui.

Nel nuovo governo non ci sono gli sponsor delle nomine del vertice del gruppo: il presidente aveva il sostegno di Gianni Letta e Altero Matteoli, Orsi della Lega e di Giulio Tremonti. Con il Carroccio all'opposizione, Orsi fa leva sui rapporti con l'Udc e con gli ambienti cattolici. Ha già incontrato il ministro dello Sviluppo e Infrastrutture Corrado Passera, ex banca Intesa, che conosce per le frequentazioni del meeting ciellino dell'amicizia a Rimini, di cui sia Finmeccanica sia Intesa sono sponsor.

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