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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2011 alle ore 18:41.

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Oltre un milione e duecentomila firme raccolte dai referendari nei mesi scorsi per chiedere il ritorno del Mattarellum. E ora i partiti si interrogano sul da farsi. Ma quali sono le differenze tra l'attuale legge elettorale, il cosiddetto "Porcellum" (copyright del politologo Giovanni Sartori) e la precedente? Ecco una breve ricognizione sulle caratteristiche dei due sistemi.

Il Mattarellum o legge Mattarella
Messo a punto da Sergio Mattarella e attuata in seguito al referendum del 18 aprile 1993, è un sistema elettorale misto con il quale si è votato da 1993 al 2001 e che ha consentito a Romano Prodi di battere per due volte il centro-destra guidato da Silvio Berlusconi. Il Mattarellum prevede l'assegnazione dei seggi per il 75% mediante l'elezione di candidati in collegi uninominali (475 per la Camera e 232 per il Senato) secondo un meccanismo maggioritario a turno unico: viene eletto parlamentare il candidato che ha riportato la maggioranza relativa dei suffragi nel collegio.

Il restante 25% dei seggi viene invece assegnato con metodo tendenzialmente proporzionale, ma con meccanismi diversi tra le due Camere. A Montecitorio, accedono alla suddivisione dei seggi le liste che hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4%. Prima della ripartizione occorre però applicare il meccanismo dello scorporo, per cui alla lista vengono sottratti i voti ottenuti dal candidato ad essa collegato che ha vinto nel collegio. A Palazzo Madama, invece, si applica il metodo proporzionale ai gruppi di candidati perdenti collegati in una lista regionale, all'interno dei quali vengono eletti i candidati sconfitti nell'uninominale meglio piazzati, una volta verificato il numero di posti spettanti in base ai voti ottenuti e applicato lo scorporo.

Il Porcellum o legge "porcata"
Definito legge "porcata" dal suo stesso ideatore, l'ex ministro Roberto Calderoli, è entrata in vigore nel 2005 e da allora disciplina l'elezione dei membri di Camera e Senato. Si tratta di un sistema proporzionale che prevede liste bloccate: in sostanza l'elettore non sceglie direttamente i candidati che sono eletti secondo l'ordine di presentazione in base ai seggi ottenuti dalla singola lista. L'elezione dei parlamentari dipende quindi completamente dalle scelte e dalle graduatorie stabilite dai partiti.
Per ottenere seggi alla Camera, ogni coalizione deve ottenere almeno il 10% dei voti nazionali; per quanto concerne le liste non collegate la soglia minima viene ridotta al 4%. La stessa soglia viene applicata alle liste collegate a una coalizione che non ha superato lo sbarramento. Le liste collegate a una coalizione che abbia superato la soglia prescritta, partecipano alla ripartizione dei seggi se superano il 2% dei voti, o se rappresentano la maggiore delle forze al di sotto di questa soglia all'interno della stessa (il cosiddetto miglior perdente).

Alla coalizione di liste (o alla lista non coalizzata) più votata, qualora non abbia già conseguito almeno 340 seggi, è attribuito un premio di maggioranza tale da farle raggiungere il numero di seggi in questione. Anche per il Senato è previsto un premio di maggioranza volto ad assicurare almeno il 55 per cento dei seggi regionali alla coalizione (o alla lista) che abbia ottenuto più voti. Al Senato, però, il meccanismo opera su base regionale, con la conseguenza che può determinarsi una maggioranza diversa da quella formatasi alla Camera. Al Senato le soglie di sbarramento (da superare a livello regionale) sono pari al 20% per le coalizioni, 3% per le liste coalizzate, 8% per le liste non coalizzate e per le liste che si sono presentate in coalizioni che non abbiano conseguito il 20%.

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