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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2011 alle ore 08:30.

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MADRID - Alla terza volta ce l'ha fatta. Sarà il conservatore Mariano Rajoy il prossimo premier alla Moncloa, il palazzo del Governo spagnolo. Dopo le sconfitte elettorali del 2004 e del 2008, Rajoy ha guidato il Partito popolare a stravincere le elezioni sfruttando in pieno il vantaggio di essere stato all'opposizione in questi ultimi mesi con l'aggravarsi della crisi economica: ha il 44,6% dei voti e una maggioranza assoluta di 186 seggi sui 350 totali della Camera che permetterà al centro-destra di guidare il Paese senza la necessità di scendere a patti con i partiti regionali.

La Spagna ha dunque deciso di cambiare e di accantonare quasi otto anni di Zapaterismo. Nessuna possibilità, come previsto, per il socialista Alfredo Rubalcaba, che pure le ha tentate tutte per recuperare consensi dopo che le dimissioni l'Esecutivo di José Luis Zapatero. Per i socialisti il voto del 20 novembre si trasforma nella batosta elettorale più pesante della loro storia: la formazione di centro-sinistra ha ottenuto solo il 28,7% dei consensi e appena 110 deputati. Rispetto al 2008 i socialisti hanno perso l'appoggio di quasi quattro milioni di elettori, fermandosi a 6,9 milioni di voti.

In una Spagna ormai avviata verso la recessione, a pesare sui risultati elettorali sono stati i numeri del disagio sociale: cinque milioni di spagnoli sono senza lavoro, la disoccupazione ha raggiunto il 21,5% ed è la più alta in Europa; sono un milione e mezzo le famiglie alle quali la crisi ha tolto ogni reddito.

Il tracollo socialista ha portato voti a tutte le altre formazioni. Sarà il Congresso più frammentato di sempre. Ottimo il risultato di Sinistra unita che arriva al 6,9% dei consensi e avrà 11 deputati, 9 in più del 2008. Guadagna molto spazio anche l'Upyd, l'Unione progresso e democrazia, che conterà su 5 deputati. Bene anche i partiti nazionalisti regionali: i catalani di Convergenza e unione avranno 16 deputati, i baschi del Pnv 5. Amaiur l'erede politico del separatismo basco estremo avrà 7 deputati a Madrid e potrebbero rappresentare un problema per i popolari in vista delle prossime elezioni regionali. Marginale sembra invece l'impatto sulle urne della protesta degli indignados: non hanno votato il 28,3% degli aventi diritto, le schede nulle o bianche sono state meno del 3%, un dato nella norma.

«Non faremo miracoli, non li abbiamo mai promessi. Sarà difficile ma usciremo dalla crisi, la Spagna è un grande Paese. Governeremo per tutti, i nostri nemici saranno solo la disoccupazione e la crisi economica», ha detto ieri notte Rajoy attorniato dai suoi sostenitori esultanti, nel centro della capitale, a due passi dal Paseo del la Castellana. Rubalcaba ha riconosciuto la «pesante sconfitta» e ha assicurato ai suoi elettori che il suo partito «continuerà a battersi per il bene del Paese».

Rajoy è un politico tenace, affidabile ed esperto, anche se viene considerato poco brillante. Fedelissimo di José Maria Aznar, arriva a guidare il Governo in questa decima legislatura spagnola a 56 anni dopo aver fatto tutta la trafila nel Partito popolare. Figlio di un magistrato, dopo gli studi in giurisprudenza , ha iniziato la carriera politica dagli incarichi nell'amministrazione regionale in Galizia, la sua terra d'origine. È poi passato alle responsabilità nazionali già nel 1996 proprio con il primo Governo Aznar, è stato ministro dell'Interno e portavoce del Governo fino al 2004.

Il Governo dovrebbe entrare in carica nel prossimo mese. Ma i mercati finanziari continuano a premere e la Spagna non si può permettere nemmeno un giorno di vuoto politico. Rajoy ha garantito che inizierà «oggi stesso». Il lavoro è l'emergenza nazionale ma il leader conservatore dovrà gestire la pressione sul debito sovrano cercando aiuto, per affinità politica, al cancelliere tedesco, la cristiano sociale Angela Merkel.

Con i rendimenti sui titoli decennali del debito sopra il 7% e una credibilità tutta da ricostruire ci sono poche alternative per Rajoy a proseguire sulla linea dell'austerity: per rispettare gli obiettivi di risanamento concordati con l'Unione europea - deficit al 4,4% del Pil nel 2012 - il nuovo Governo potrebbe essere costretto a mettere in piedi già entro l'anno una manovra d'emergenza da 30 miliardi di euro. «Stanno arrivando tempi difficili. Ci sarà da tagliare ovunque, dovremo tutti fare grandi sacrifici», ha detto Rajoy ieri notte. Ora dovrà anche chiarire in Europa e dire agli spagnoli dove e quanto ridurrà la spesa e i servizi pubblici.

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