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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2011 alle ore 06:37.

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ROMA
Effetto domino, valanga o contagio. Qualsiasi metafora calza. Confrontando la curva dei rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi, il costo dei credit default swap per banche italiane e tedesche, lo spread sugli swap (Euribor) dei corporate bond italiani e tedeschi, è indubbio che in questo momento il sistema-Italia paghi molto più della Germania: lo Stato offre in asta tra 500 e 700 punti (5%-7%) in più, le banche devono sborsare come minimo 250 punti in più, le imprese sono oberate da costi di raccolta aggiuntivi fino a 450 punti.
Questi spread, se dovessero essere confermati l'anno prossimo quando l'Italia dovrà collocare 440 miliardi di titoli di Stato e le principali banche italiane rimborseranno 111 miliardi di bond, manterrebbero l'enorme vantaggio competitivo della Germania. A tassi di raccolta invariati rispetto a quelli riflessi ora sul secondario, il sistema-Italia nel 2012 pagherebbe – a grandissime linee – almeno 30 miliardi di interessi sul nuovo debito in più rispetto alla Germania: drenando maggiormente risorse dalle casse dello Stato per rilanciare l'economia, restringendo più credito bancario e frenando i piani di sviluppo degli imprenditori. L'insostenibilità del costo del denaro non è solo rischio default: la spesa per interessi, in maniera meno clamorosa ma corrosiva, risucchia risorse alla crescita.
L'Italia, per esempio, collocherà l'anno prossimo attorno ai 200 miliardi in BoT: ipotizzando un tasso medio annuale invariato al 6,5%, la spesa per interessi sarà di 13 miliardi. La Germania nel 2012 potrebbe collocare 70 miliardi di Bu-bill a 3, 6 e 12 mesi, a un tasso invariato dello 0,50% con una spesa per interessi di circa 350 milioni. Se la Germania dovesse collocare 200 miliardi di Bu-bill, al momento pagherebbe 12 miliardi in meno dell'Italia. L'anno prossimo andranno in asta almeno 200 miliardi di titoli di Stato italiani a medio-lungo termine contro i 160 della Germania: le due curve dei rendimenti dai 2 ai 30 anni ieri riflettevano un costo medio alla raccolta del 7,3% per l'Italia e dell'1,3% per la Germania, quindi il 6% di differenza di tasso su 200 miliardi.
Per le banche, il differenziale della spesa per interessi viene fatto risalire dagli esperti allo spread di 250-300 punti della copertura sui credit default swap. Sul secondario, illiquido di questi tempi, un bond a due anni senior di Unicredit o Intesa SanPaolo viene quotato dal 9% al 7% contro l'1,45% di Deutsche bank; un covered bond di Unicredit e Intesa a cinque anni sul secondario rende attorno al 5%, un senior bond quinquennale di Deutsche bank il 3,35 per cento. Se le banche italiane dovessero emettere l'anno prossimo obbligazioni a tre anni per circa 100 miliardi per rimborsare i bond in scadenza (un quinto dei titoli n circolazione che per le prime cinque banche italiane sono pari a 580 miliardi), il loro costo di raccolta sarebbe almeno di 2 miliardi (2%) superiore a quello delle rivali tedesche. In quanto alle imprese italiane, Barclays capital ha calcolato che per ogni 100 punti base di aumento dello spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, il costo della raccolta per i corporate bond sale di 60 punti: il gap tra i BTp e i Bund è lievitato di 300-400 punti quest'anno, con un aggravio sulla spesa per interessi per le aziende di 180-240 punti. «Il differenziale del costo della raccolta tra le imprese italiane e tedesche è molto alto in questo momento - ha commentato Paolo Mancini, managing director di Credit Suisse securities Europe ed esperto di corporate bonds -. Ma non è scattato alcun allarme: in termini assoluti le cedole non sono elevatissime rispetto al passato e il repricing non avviene sul debito totale ma solo sul nuovo debito. Le grandi imprese sono abituate a collocare i bond in giorni di sole come in giorni di tempesta e l'impatto sul costo medio del debito rimane al momento limitato. La correlazione tra il peggioramento del rischio-sovrano e quello corporate comunque c'è e rappresenta un grande svantaggio per il sistema-Italia con una crisi che sta favorendo la Germania: gli investitori riducono il rischio-Italia in portafoglio iniziando a vendere i BTp, poi passano alle banche e infine ai corporate bond. L'aumento del costo di finanziamento delle banche viene trasferito, anche se non con un rapporto di 1 a 1, alle aziende, soprattutto le medio-piccole che non hanno potere contrattuale».
Il costo della raccolta per le casse dello Stato, delle banche e delle aziende italiane espresso in termini di spread rispetto alle controparti tedesche, dai picchi odierni dovrebbe calare se il Governo Monti garantirà il pareggio di bilancio e l'attuazione delle riforme strutturali per la crescita e semprechè l'Europa tracci la via di uscita sul breve, medio e lungo termine dalla crisi del debito sovrano. A differenza del Tesoro italiano, che dovrà raccogliere 440 miliardi nel 2012, le banche italiane eviteranno di emettere bond ricorrendo ai finanziamenti della Bce (allo stesso tasso delle tedesche). Molte imprese inoltre hanno fieno in cascina, liquidità sufficiente per rinviare nuovi prestiti obbligazionari. Ma Alberto Gallo, analista di Rbs, ammonisce: il deleveraging, il rischio di ulteriori declassamenti dei rating, il peso crescente dei titoli di Stato in portafoglio, la recessione, tutto contribuirà a spingere le banche italiane a ridurre la disponibilità del credito per le aziende, aumentando anche per queste ultime infine il costo del denaro.

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