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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2011 alle ore 12:26.

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Sarà stato anche un colpo sparato a salve, ma la vicenda francese sul caso Iran è un efficace esempio di come l’Unione europea affilando le armi in vista di un nuovo round di sanzioni contro la Repubblica islamica. E questa volta potrebbero riguardare anche l’ultima, estrema arma: un divieto all’import di greggio.  

Nel  primo pomeriggio di ieri  il portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero, ha dichiarato che «l'interruzione degli acquisti di petrolio iraniano fa parte delle misure proposte dalla Francia ai suoi partner», aggiungendo: «L'applicheremo a titolo nazionale». Poche ore più tardi un altro portavoce degli Esteri ha corretto il tiro: la decisione a livello nazionale sarà presa coordinandoci con i  nostri partner europei”.

Tra i due annunci,  la dichiarazione del direttore generale dell’Unione petrolifera, Pietro de Simone, rilasciata a Reuters, ha aperto uno scenario preoccupante: «Dato l’attuale orientamento politico del nostro Governo, non c’è nulla che possiamo fare per impedire le sanzioni (iraniane, ndr)». Questa mattina, infine, Maurizio Massari, il portavoce del ministero degli Esteri ha compiuto un altro passo in questa direzione: «Siamo fermamente  convinti che debba essere rafforzata la pressione sanzionatoria sull’Iran.  Siamo pronti a discutere con i nostri partner misure sanzionatorie. Stiamo facendo moral suasion sulle nostre aziende per diversificare le fonti di importazione di petrolio».

Nel pomeriggio, da Istanbul, dove è incorso il forum italo-turco il portavoce degli esteri Maurizio Massari ha dichiarato al Soler 24 Ore: «È un processo in corso, stiamo considerando tutte le opzioni, ma l'Italia si muoverà in concerto con i Paesi dell'Unione europea, ed anche con gli Stati Uniti. È bene precisare, però, che la nostra moral suasion consiste in un operazione di persuasione, e non una pressione nei confronti delle aziende italiane. Siamo consapevoli degli interessi italiani».

Anche il direttore dell'Unione petrolifera, Pietro de Simone, ha poi confermato al Sole 24 Ore i motivi di questo timore. «Sembra quasi certo che si vada in questa direzione – ha spiegato - ma voglio ricordare che sotto il profilo commerciale il greggio iraniano è molto importante. Le nostre raffinerie sono strutturate tecnologicamente per lavorare greggi pesanti, ad alto contenuto di zolfo, come quello iraniano appunto, con la finalità di prodotti bituminosi. Trovare alternative richiede tempo e sarebbe decisamente più costoso. E di questi tempi per le nostre raffinerie è l'ultima cosa che ci si augurava».

Tutto dipenderà da quanto sarà deciso a Bruxelles, ma se gli altri Paesi spingeranno in questa direzione, difficilmente Roma agirà in modo contrario. E proprio l’Italia, insieme a Spagna e Grecia, sarebbe il paese più danneggiato nel caso di una simile evenienza.  L’ultima cosa che desiderano questi «fragili” paesi dell’Eurozona è un ennesimo problema capace di danneggiare le loro rispettive economie, già messe a dura prova».

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