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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2011 alle ore 06:37.

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STRASBURGO. Dal nostro inviato
Stop alle pressioni sulla Banca centrale europea, rispetto dalla sua indipendenza e dei suoi leader. La dichiarazione del presidente francese Nicolas Sarkozy, all'inizio della conferenza stampa con il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente del Consiglio Mario Monti, ha deluso le aspettative, peraltro molto limitate, dei mercati che dall'incontro dei tre grandi dell'area euro potesse venire un segnale alla Bce per incrementare massicciamnte gli acquisti a sostegno dei titoli dei Paesi in difficoltà come Italia e Spagna.
Ma la dichiarazione può essere considerata anche una risposta positiva al richiamo pubblico che la settimana scorsa il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva rivolto ai politici perché vengano evitate pressioni e iniziative che possano compromettere la credibilità della Banca centrale e ai Governi perché facciano la propria parte per stabilizzare la crisi dell'Eurozona.
Dopo le ripetute dichiarazioni francesi dei giorni scorsi a favore di un maggior interventismo della Bce, le parole di ieri sono state lette come una marcia indietro di Sarkozy (tanto che un blog del quotidiano Le Monde ha parlato di irritazione del presidente transalpino). Un partecipante agli incontri ha riferito invece che il riferimento a evitare «richieste, positive o negative, alla Bce» riflette anche l'impegno da parte della signora Merkel a cercare di tacitare le aperte critiche ai pur limitati interventi della Bce da parte di alcuni suoi colleghi di partito e di coalizione e anche da parte della Bundesbank.
Dal canto suo, Monti è stato in stretto contatto con Draghi fin da prima del suo insediamento a Palazzo Chigi ed è perfettamente consapevole della posizione dell'ex governatore della Banca d'Italia, con il quale ha un rapporto di lunga data. Draghi ha ripetuto in varie occasioni, in poco più di tre settimane dal suo arrivo all'Eurotower di Francoforte, che gli acquisti di titoli sono temporanei, limitati e motivati dall'obiettivo di migliorare la trasmissione della politica monetaria. Gli interventi peraltro continueranno e anzi, come è già avvenuto la settimana scorsa, sono probabilmente destinati ad aumentare in presenza di tensioni molto acute come quelle degli ultimi giorni. Non esiste un limite legale, anche se il consiglio si è autoimposto, secondo indiscrezioni, di non superare i 20 miliardi di euro la settimana.
Sarkozy ha riconosciuto che in fatto di banca centrale Francia e Germania hanno «una storia diversa», ma che ciascuno rispetta le linee invalicabili dell'altro. La signora Merkel ha tenuto comunque a ribadire che c'è accordo sul fatto che la Bce sia indipendente e che anche la revisione dei Trattati promossa dai due Paesi, ora con la collaborazione dell'Italia, non riguarderà mandato e funzioni della Bce. L'ipotesi che questa potesse trsformarsi in un prestatore di ultima istanza non è mai stata sul tavolo della riunione di Strasburgo, neppure a livello di proposta per il futuro a lungo termine dell'euro, nonostante le affermazioni dei giorni scorsi dello stesso Sarkozy e dei suoi ministri degli Esteri e dell'Economia.
L'attenzione a Francoforte è concentrata piuttosto su quello che la Bce può fare nell'immediato e che probabilmente annuncerà alla sua prossima riunione dell'8 dicembre: taglio dei tassi d'interesse, probabilmente di altri 25 punti base nelle aspettative dei mercati finanziari, dopo quello deciso a sorpresa il mese scorso, e nuove misure di fornitura di liquidità alla banche con operazioni a due e forse anche tre anni. Entrambe le misure sono state in qualche modo ventilate nell'ultimo discorso di Draghi in cui osservava il brusco rallentamento dell'economia dell'Eurozona, confermato poi da quasi tutti i dati successivi, e le difficoltà di finanziamento delle banche.
La settimana scorsa ha rappresentato, secondo diverse fonti di mercato, un punto di svolta nella crisi, con la paralisi quasi totale dell'interbancario e l'impossibilità per moltre banche di rivolgersi al mercato. In questo momento, la preoccupazione di garantire al sistema la liquidità necessaria per continuare a funzionare (subito prima dell'arrivo di Draghi, il suo predecessore Jean-Claude Trichet aveva reintrodotto operazioni di finanziamento a 12-13 mesi, la seconda delle quali scavallerà la fine del 2012) risulta prevalente su quella di alimentare la dipendenza quasi esclusiva di molti istituti dalla Bce.
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