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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2011 alle ore 09:32.

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ROMA - Accanto al nome di Vittorio Grilli c'è ancora un punto interrogativo. La decisione del direttore generale del Tesoro, di entrare nella squadra di governo guidata da Mario Monti, è l'ultima tessera necessaria per completare la lista di viceministri e sottosegretari che dall'altra sera giace sulla scrivania del premier. L'ufficializzazione delle nomine arriverà martedì mattina, prima della partenza del premier per l'Eurogruppo e l'Ecofin che si concluderà mercoledì. Un doppio appuntamento, quello di Bruxelles, al quale Monti si presenterà accompagnato certamente da Grilli, che nel frattempo potrebbe però aver dismesso la casacca da direttore generale di via XX settembre e indossato quella di viceministro del Tesoro.

Ieri sera Grilli non aveva ancora sciolto la riserva. C'è chi sostiene che il direttore generale sarebbe pronto a cedere alla richiesta di Monti, solo se fosse investito di una competenza molto ampia, un viceministro unico, che, visto l'interim di Monti all'Economia, sarebbe secondo solo al presidente del Consiglio. Anche se l'ipotesi più plausibile è la coesistenza di due viceministri, uno dei quali con la delega per le Finanze (si parla del tributarista Francesco Pisauro).

Quanto agli altri candidati la certezza al momento è che si tratterà esclusivamente di tecnici. La conferma si è avuta in occasione del vertice 'segreto', che si sarebbe tenuto giovedì sera a Palazzo Giustiniani, nell'ufficio di Monti, tra Angelino Alfano, Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. I tre ieri hanno smentito. «Nessun vertice», hanno ripetuto all'unisono, pur non negando «contatti» tra loro. In difficoltà ovviamente sono soprattutto Bersani e Alfano, costretti a fare i conti con i mal di pancia interni e con quelli degli alleati. Ma diversi testimoni confermano che attorno alle 20 dell'altra sera, Alfano, Bersani e Casini erano in prossimità del Senato da dove si può raggiungere Palazzo Giustiniani attraverso un corridoio sotterraneo (i due edifici sono l'uno di fronte all'altro). Un «passaggio segreto» che peraltro sarebbe stato utilizzato anche nelle ore precedenti la formazione del governo. Al centro dell'incontro stavolta le misure che Monti si prepara a varare (si parla di una manovra di circa 30 miliardi) ma anche la scelta di sottosegretari e viceministri.

Alfano ha ripetuto di non volere in alcun modo la presenza di «politici», fossero anche ex parlamentari. Una linea che lo mette al riparto dalla reazione delle varie correnti piedielline. Anche Bersani la pensa allo stesso modo. Lo scontro su Stefano Fassina, con l'area liberal del Pd schierata contro il responsabile economico del partito perché troppo «a sinistra», la dice lunga sulle difficoltà che attraversa anche il maggior partito dell'ex opposizione. Tutti attendono di conoscere quanto pesante sarà la scure di Monti, che nell'incontro dell'altra sera sembra essersi mantenuto piuttosto riservato. Solo il terzo Polo non ha particolari difficoltà nel manifestare anche la disponibilità ad inserire esponenti politici nel governo. Non a caso per l'incarico di sottosegretario dei Rapporti con il Parlamento si è parlato di Francesco D'Onofrio, ex parlamentare centrista.

Complessivamente la squadra di sottosegretari e vice non dovrebbe superare le trenta-trentacinque unità. Si parla di cinque vice, tra cui Carlo Dell'Aringa al Welfare mentre al Tesoro sembra scontato il ritorno nella veste di sottosegretario dell'ex capo di gabinetto di via XX Settembre, Paolo De Ionanna. All'Ambiente potrebbe invece atterrare Maria Rosa Vittadini, docente universitaria e per molti anni direttore generale del servizio valutazione impatto ambientale. Nel frattempo Monti ha assegnato al ministro del Turismo e dello Sport, Piero Gnudi, le competenze dell'ex ministro per gli Affari regionali mentre a Piero Giarda, ministro dei Rapporti con il Parlamento, è stata assegnata quella per il Programma.

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