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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2011 alle ore 10:40.

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Si può partire da molto vicino oppure da molto lontano per raccontare i mille privilegi che ancora si nascondono nella giungla delle pensioni italiane.

Si può partire dalla riforma Dini, varata nel 1995 con l'obiettivo di mandarla regime nel lontano 2030, e raccontare che nei primi 16 anni della sua vita ha consentito il pensionamento anticipato (tra i 56 e i 58 anni) a 3,5 milioni di lavoratori.

E si può proseguire ricordando che ancor oggi esistono in Italia oltre 200mila «pensioni di guerra», che oltre all'Inps e all'Inpdap si possono contare decine di casse privatizzate che garantiscono trattamenti diversissimi e che, forse, potrebbero essere armonizzati.

E, ancora, che stranamente gli organi costituzionali (Camera, Senato, presidenza della Repubblica) hanno sui loro bilanci (perché non su quello dell'Inpdap?) le pensioni degli ex dipendenti. L'elenco degli «aggiustamenti da fare» potrebbe andare avanti passando per le tante e diverse aliquote contributive esistenti, i coefficienti di trasformazione da aggiustare, le reversibilità non progressive e via elencando.

Casi concreti

Ma l'esercizio si ferma quando dall'analisi di sistema si inciampa nei casi concreti, fatti di nomi, cognomi e pensioni incassate. Che fa capire quanto assurdo sia stato il nostro sistema pensionistico, soprattutto nel garantire trattamenti che vanno molto oltre i contributi versati. Motivo che fa intendere quanto di buono ci sia negli obiettivi della ministra Elsa Fornero.

Partiamo da qualche baby pensione (si sa che sono 500mila e costano allo Stato 9 miliardi l'anno) che va oltre l'ormai notissima Manuela Marrone, la moglie di Umberto Bossi andata in pensione a 39 anni e che incassa dall'Inpdap un assegno lordo di 766 euro. Sempre l'Inpdap ogni mese stacca un assegno da 2.644,57 euro per il magistrato pensionato a 44 anni Antonio Di Pietro. Mentre la Regione Sicilia versa un assegno da 10.980 euro lordi dalla tenera età di 47 all'assessore Pier Camillo Russo. Alfonso Pecoraro Scanio dall'età di 49 anni incassa dalla Camera un assegno di 8.836 euro.

Ma il record assoluto è di chi oggi prende una pensione dopo pochissimi giorni di lavoro. Il primato della sezione spetta a Luca Boneschi, parlamentare per un solo giorno che oggi ha diritto a un assegno della Camera di 3.108 euro lordi al mese. La stessa cifra che intasca Toni Negri, ex parlamentare eletto tra le fila dei radicali per i suoi 64 giorni di «lavoro parlamentare».

Risparmi possibili

Naturalmente si tratta di diritti acquisiti, previsti dalla legge e quindi dovuti ai rispettivi titolari. Davanti a questi casi, e ce ne sono davvero tanti, il calcolo dei risparmi che si potrebbero recuperare forse conta meno dell'obiettivo di equità reale che si potrebbe conseguire con una manovra di «armonizzazione vera». Perché non passare dai vitalizi alla semplici pensioni anche per chi ricopre certi incarichi? E perché, per parlare dei parlamentari o dei dipendenti di Camera e Senato, non decidere di girare i loro versamenti (adeguati a quelli dei lavoratori) all'Inpdap?

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