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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2011 alle ore 06:41.

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È di soli tre giorni fa il suicidio dell'allenatore del Galles, Gary Speed, 41 anni. È stato trovato impiccato nella sua abitazione nel Chesire. Ha scoperchiato – si è letto nelle cronache – «uno dei tabù meglio nascosti del mondo del calcio: il problema della depressione». Solo del mondo del calcio? Molti anni fa, nel 1955 un grande fisico e filosofo della scienza Percy Williams Bridgman si sparò in bocca un colpo di fucile. Lasciò un biglietto in cui diceva che in un paese civile non bisognerebbe mai lasciare un individuo nelle condizioni di esser costretto ad agire in questo modo. Che cos'ha fatto Lucio Magri? Ha scelto di recarsi in un paese civile per cercare ciò che da noi non gli sarebbe mai stato permesso: un'assistenza, piena di carità e di pietà umana, che lo aiutasse a porre fine alla propria sofferenza. Forse aveva ancora in mente il tuffo dalla finestra d'ospedale del regista Mario Monicelli, o chissà quale altra drammatica fine. E il motivo – il tabù! – è sempre quello: la depressione.
Magri aveva 79 anni. Ha avuto una vita intensa, battagliera, ricchissima. Nato nel 1932, era entrato nella Dc e poi nel Pci negli anni 50. Dopo l'insurrezione in Cecoslovacchia, il dissenso con il partito lo spinse, insieme a Rossana Rossanda, Luigi Pintor e altri a fondare la rivista il Manifesto. Radiato dal partito, partecipò anche alla trasformazione della rivista in quotidiano nel 1971, ma poi se ne distanziò. Nel 1984 rientrò nel Pci, finché ci fu la scissione e il partito si trasformò in Pds. Aderì quindi a Rifondazione comunista, dove vi rimase fino al 1995, quando la sua corrente passò ai Ds. Si distanziò anche da questa scelta e rimase fuori dal partito. Da tempo soffriva di depressione e ha affrontato e pianificato con la massima lucidità il problema della sua fine.
Ripetiamo, aveva 79 anni. La depressione a quell'età non è una rarità. Il grande psicologo Bruno Bettelheim – stesso problema, stesso tabù – quando si soffocò con un sacchetto del supermercato, ne aveva ben 87. Ha senso sdegnarsi per la scelta di questi grandi uomini?
Chi si sdegna per queste cose in genere lo fa perché dice che un suicidio nelle modalità scelte da Lucio Magri diventa un terribile spot per le «cliniche della morte». Può darsi. Ma forse sarebbe più saggio sdegnarsi per come viene trattato – anzi viene scansato e evitato – quel tabù, quel problema terribile. In Italia la depressione viene trattata – da uomini di cultura, scrittori, sociologi e persino da psichiatri – alla stregua di un concetto romantico, viene nobilitata associandola quasi esclusivamente alla malinconia del poeta e dell'artista, alla loro creatività. Per rendere omaggio a Lucio Magri, e al suo gesto civile e coraggioso, sul prossimo Sole 24 Ore Domenica dedicheremo una pagina alle trappole micidiali prodotte da questo modo impreciso e falso di trattare la questione. Lo faremo con fatti e cifre, e attraverso le definizioni rigorose del Dsm (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders). Lo sapevate che oltre il 50 per cento dei suicidi ha alla base una depressione clinica? O che il 15 per cento delle persone clinicamente depresse muore per suicidio? E che il 75 per cento degli anziani che si suicidano si sono recati da un medico nell'ultimo mese? Sono solo alcuni dei dati su cui si sofferma Gilberto Corbellini in uno degli articoli di approfondimento che proporremo domenica. La depressione è e sarà sempre più una delle maggiori cause di malattia e di sofferenza per il genere umano. L'Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l'allarme da tempo. Una discussione seria su questi temi, al di là di ogni strumentalizzazione politica, deve partire da qui.
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