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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2011 alle ore 15:55.

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Che la sanità italiana peccasse di inefficienza era noto ai più. Ma oggi l'Aiop, l'associazione che riunisce gli ospedali privati, ha provato a quantificare le "mani bucate" della salute della penisola. Ed ecco cosa ha scoperto: gli ospedali pubblici italiani sprecano oltre il 29% dei finanziamenti, pari a circa 13 miliardi di euro l'anno. E la maglia nera va alla Calabria dove l'inefficienza ammonta al 46,4%. Una fotografia puntuale contenuta nel IX Rapporto "Ospedali e salute 2011", presentato a Roma, che è stato redatto dall'associazione guidata da Enzo Paolini in collaborazione con Ermeneia - Studi & Strategie di sistema.

Il Veneto sorpassa la Lombardia
Se si guarda alle singole regioni, i risultati cambiano anche di molto e ci sono alcune sorprese: infatti, nonostante il Nord testimoni in generale una maggiore capacità di gestione delle risorse, anche qui il margine di spreco è cresciuto in confronto alla precedente rilevazione: 21,8% rispetto al 20,5%. A sorpresa la Lombardia perde il primato di regione più efficiente d'Italia (19,3% contro il 16,9% dello scorso anno) e cede il posto al Veneto (17,2% contro il 18,1%). Mentre si trova un lieve miglioramento per il Centro Italia, che guadagna un punto percentuale (l'inefficienza passa dal 33,4% al 32,8%), è pressoché stabile l'inefficienza delle regioni del Sud. In particolare, migliorano leggermente due delle regioni sotto commissariamento: il Lazio (41,3% rispetto al 43% dell'anno scorso) e
la Campania (41,7% contro il 42,4%).

La Calabria maglia nera, nel Lazio i maggiori sprechi
Il Lazio resta, tuttavia, in termini assoluti la regione con i maggiori sprechi (1,9 miliardi di euro). Il peggior risultato, però, ancora una volta, va alla Calabria, che spreca quasi la metà del denaro che riceve (46,4%), facendo addirittura peggio dell'anno scorso. «L'intento dell'indagine sulle inefficienze, è bene sottolinearlo - spiega Nadio Delai, presidente di Ermeneia - non è puntare il dito contro gli amministratori degli ospedali pubblici, quanto fare un'operazione di servizio che possa essere strumento di riflessione e di lavoro per il pubblico e per gli addetti ai lavori.
Il rapporto di quest'anno testimonia, ancora una volta, che le risorse economiche a disposizione non sempre vengono utilizzate nel migliore
dei modi».

Paolini: serve riforma strutturale del sistema
«Di fronte all'immagine restituita dal rapporto - commenta Paolini - e considerata la situazione dei conti pubblici, c'è da chiedersi se i tagli lineari siano davvero l'unica strada percorribile. Bisognerà invece pensare a una vera e propria riforma strutturale che possa, nel medio periodo, rispondere alle esigenze del Paese, garantendo un sistema sanitario universalistico che tenga ferma la centralità della persona ma che abbia al suo interno meccanismi per l'ottimizzazione dei costi». «Per fare ciò - conclude Paolini - la proposta dell'Aiop è l'introduzione del principio della terzietà dei controlli per superare il conflitto che vede lo Stato nel ruolo di regolatore, operatore e controllore delle strutture, proprie e altrui, per dare trasparenza ai bilanci pubblici e revisionare i sistemi di finanziamento e accreditamento in una logica di sistema misto pubblico/privato che possa dare un'offerta unitaria sul territorio ed elevare la qualità delle prestazioni a costi sostenibili».

I criteri usati per scattare la fotografia dell'inefficienza
Per la valutazione delle inefficienze sono stati messi a confronto i finanziamenti pubblici per la gestione ordinaria ricevuti dalle aziende ospedaliere con la stima del valore economico delle prestazioni erogate in base all'applicazione dei Drg (raggruppamenti omogenei di diagnosi, che fissano il costo standard di ciascuna prestazione). La simulazione fornisce l'"inefficienza sommersa" dell'ospedalità pubblica, spiega l'Aiop. Sui calcoli influiscono fattori molto diversi riferibili non solo a un uso poco efficiente delle risorse, ma anche alla presenza di particolari vincoli legati alla morfologia del territorio o alla fornitura di servizi più ampi e migliori per i pazienti, che il singolo Servizio sanitario regionale può promuovere.

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