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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 08:15.

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ROMA. L'aveva detto anche lui, Mario Monti, nella sua breve conferenza stampa di mercoledì a Bruxelles che vedeva «spiragli» e «aperture» nelle forze politiche al di là delle posizioni ufficiali e tradizionali. E in effetti si sta creando un vero e proprio fronte a favore del premier che raccoglie soprattutto l'area cattolica di entrambi gli schieramenti e le posizioni riformiste sparse qua e là nell'emiciclo parlamentare.

Di certo c'è tutto il terzo polo che più convintamente ha tifato prima per un Esecutivo Monti e ora per la cura Monti. Ma prima ancora, a spingere verso il porto sicuro dell'approvazione della manovra, è il Capo dello Stato che ancora ieri ha descritto la drammaticità della crisi, la necessità di «uno sforzo corale» e la certezza di «potercela fare». Dunque, la filiera pro-Monti parte dal Colle più alto ma investe anche la seconda e la terza carica dello Stato – Renato Schifani e Gianfranco Fini – che fin qui si sono spesi per agevolare l'iter parlamentare dei provvedimenti del Governo.
Il fronte istituzionale appare, quindi, compatto e favorevole verso le misure da adottare ma anche nei partiti, piccoli e grandi blocchi, si staccano dalle posizioni più rigide per accordare primi sì al Professore. Sono innanzitutto i cattolici, bipartisan, a far sentire la loro voce a difesa del rigore che coniugano – obbligatoriamente – con la famiglia. Lo dice Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati Pdl ed ex Dc, che anche sul tasto delicatissimo della reintroduzione dell'Ici chiarisce «purché si tenga conto del reddito e del numero dei nuclei familiari». Più o meno lo stesso paletto che pone Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, Pdl, vicino a Comunione e liberazione: «Si tenga conto della famiglia oltre che degli impegni già assunti dal precedente Governo con la Ue».

Dunque, un sostanziale via libera. Accreditati tra i più aperturisti anche gli ex ministri Raffaele Fitto e Franco Frattini, tra i primi ad aprire alla soluzione del Governo tecnico, così come Giorgio Jannone e Luigi Casero.

Nel mezzo c'è Pier Ferdinando Casini che punta a coagulare i "sì" dell'area moderata di destra e di sinistra. E nel Pd i "dissidenti" alla linea ortodossa – sia sulle pensioni che sulla riforma del lavoro – sono innanzitutto quelli dell'area di Beppe Fioroni, a sua volta molto vicino al leader Cisl Raffaele Bonanni. «Riteniamo indispensabile salvare l'Italia dando una prospettiva alle giovani generazioni. Il rigore si può coniugare all'equità allo scopo di dare un futuro ai nostri figli. Noi, per senso di responsabilità – dice Fioroni – ci metteremo la faccia su questo Governo, con convizione e alla luce del sole. E credo che la convocazione delle parti sociali aiuterà anche quell'area responsabile del sindacato che può contribuire a risolvere i problemi, non a crearli». Accanto ai cattolici, ex popolari, c'è pure l'area liberal-riformista Pd che ha trovato il suo capofila in Pietro Ichino ma che comprende Paolo Gentiloni o Salvatore Vassallo fino a Enrico Letta. E ci sono i prodiani. Proprio ieri Romano Prodi ha benedetto il premier: «Con lui, tutti faranno i compiti a casa, sono ottimista».

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