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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 08:22.

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Nei discorsi di Nicolas Sarkozy presidente e candidato alla propria successione c'è la sottolineatura del suo ruolo internazionale, di salvatore dell'Europa. C'è la reiterazione dell'inevitabile percorso comune con la Germania, anche quando su molti temi le posizioni sono lontane. C'è l'insistenza sull'impegno a proteggere e difendere i francesi.
Giorno dopo giorno, intervento dopo intervento, c'è però anche un altro messaggio. Che viene distillato con la prudenza imposta dal periodo pre-elettorale ma che serve a preparare il terreno a un cambiamento strutturale del cosiddetto "modello sociale francese", un sistema di garanzie che ha portato a una spesa pubblica pari al 56% del Pil e che non è più sostenibile. Non con un deficit al 5,7 per cento. Non con un debito all'85 per cento. Non con un Paese che cresce dell'1% (forse) e si rifinanzia al 3,5 per cento.

«Da decenni - ha detto ieri Sarkozy facendo un altro passo avanti - spendiamo troppo e male. Deve cessare l'abitudine che aveva lo Stato di essere uno sportello che diceva di sì. Dobbiamo diminuire le nostre spese correnti, essere più attenti all'utilità della spesa pubblica, continuare a ridurre il numero di funzionari. Quando l'economia mondiale è entrata in recessione il nostro modello sociale si è rivelato efficace nell'amortizzare lo shock. Ma nessuno può pensare di conservarlo senza adattarlo alle nuove condizioni del nostro tempo».

Il presidente ha quindi dato appuntamento in gennaio a tutte le parti sociali per un vertice «in cui si dovrà avere il coraggio di affrontare i problemi e di eliminare i tabù sui freni alla competitività».
Ha anche pronunciato il termine «paura», Sarkozy: «La paura della Francia di perdere il controllo del proprio destino».

Parole, per ora. Ma che probabilmente saranno seguite da fatti, da decisioni, da misure. Che siano in linea con lo slogan ormai chiaramente individuato dall'Eliseo per la campagna elettorale: «Dire ai francesi la verità». I sacrifici, le rinunce, il rigore di oggi sono garanzie della sopravvivenza di qualcosa che anche in futuro assomiglierà all'attuale "modello sociale". Dall'altra parte, dalla parte dei socialisti - sia pure detto con sintesi un po' grossolana - ci sono le pensioni a 60 anni e le 35 ore, di cui sono evidenti le drammatiche conseguenze.

Una scommessa azzardata, quella di Sarkozy. Ma forse l'unica possibile, in questo momento. Che d'altronde sembra raccogliere dei frutti: secondo gli ultimi sondaggi il presidente sta recuperando ed è ormai a soli tre punti dall'avversario François Hollande.

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