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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2011 alle ore 18:20.

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Siamo ancora lontani dall'obiettivo europeo di giungere entro il 2020 a una media del 10% degli abbandoni prematuri da scuola. Ma nel 2010 si è registrato un nuovo calo. La quota di giovani 18-24enni in possesso della sola licenza media e non più inseriti in percorsi formativi è scesa dal 19,2% del 2009 al 18,8 per cento. Il calo è stato in tutt'Italia, a eccezione del Centro che rimane l'area dove tale indicatore ha registrato un aumento (14,8%, contro il 13,5% del 2009).

I dati sono contenuti nel rapporto 2011 del Censis sulla situazione sociale del Paese che evidenzia pure come la quota di "Neet", giovani cioè che non studiano e non cercano lavoro, tra i 15 e i 29 anni, abbia ripreso a crescere con l'inizio della crisi economica, attestandosi nel 2010 al 22,1%, rispetto al 20,5% dell'anno precedente. E ancora tra i giovani che si iscrivono alle superiori solo il 75% dei 19enni, riesce a raggiungere il diploma.

In Sicilia il tasso più alto di abbandono
Lo studio mostra poi come siano, ancora, discontinui gli interventi di prevenzione e contrasto al fenomeno della dispersione scolastica. Sono soprattutto gli studenti delle isole maggiori a distinguersi per una profonda disaffezione ai percorsi scolastici e formativi. In Sicilia per esempio gli early school leavers sono più di un quarto dei 18-24enni residenti. Inoltre, non sembra essere stato ancora adeguatamente affrontato il fenomeno laddove ha maggiore intensità, ovvero nel primo e, in misura minore, nel secondo anno delle superiori. Tra il 2006-2007 e il 2009-2010 la quota di abbandoni del percorso scolastico entro il biennio si è ampliata, passando dal 15,6% al 16,7%, in misura maggiore negli istituti professionali.

Secondo gli oltre mille dirigenti scolastici di scuola secondaria di primo e secondo grado intervistati dal Censis infine l'apporto fornito da alcuni soggetti esterni al mondo della scuola appare molto differenziato. Il 57,4% dei dirigenti dichiara di contare molto o abbastanza sul supporto degli enti locali e un analogo 57% sul contributo delle famiglie. Seguono gli organismi del terzo settore (56%) e le parrocchie (54,1 per cento).

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