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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2011 alle ore 08:50.

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MILANO
La Procura di Milano ha puntato dritta al cuore della zona grigia calabrese che da sempre collude o si confonde con la 'ndrangheta.
Erano mesi che negli ambienti giudiziari giravano voci di arresti eccellenti. Dieci sono arrivati ieri ma qualcuno negli ambienti giudiziari sussurra che altri "pesci grossi" siano liberi ma ancora per poco. Con l'ordinanza firmata dal gip milanese Giuseppe Gennari nell'ambito dell'inchiesta condotta dal procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dai sostituti Paolo Storari e Alessandra Dolci, sono finiti in carcere alcuni "insospettabili": Giuseppe Vincenzo Giglio, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria per corruzione, rivelazione di segreti d'ufficio e favoreggiamento personale aggravato dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa e suo cugino, medico a Reggio Calabria, Vincenzo Giglio, per concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle perquisizioni c'è anche Giancarlo Giusti, giudice del Tribunale di Palmi, indagato per corruzione in atti giudiziari. «Non hai capito chi sono io ... sono una tomba, peggio di ... ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice», dice Giusti intercettato mentre parla al telefono con il boss Giulio Lampada.
Oltre al coinvolgimento dei due magistrati e del medico, sono stati arrestati Vincenzo Minasi, avvocato del foro di Palmi con studi a Milano e Como, per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d'ufficio, intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa, Luigi Mongelli, maresciallo capo della Guardia di Finanza, per corruzione e Franco Morelli, consigliere regionale calabrese, per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d'ufficio e corruzione. Morelli, ex Dc di lungo corso e già capo di gabinetto con l'ex Governatore Giuseppe Chiaravalloti, è uno dei politici più influenti dell'intera regione. Campione di incassi (voti) e uomo che fino a pochi giorni prima delle nomine assessorili in Giunta era vicinissimo all'attuale presidente Giuseppe Scopelliti. Una zona grigia che, dunque, secondo le prime emergenze investigative e in attesa degli sviluppi giudiziari che per il momento lambiscono anche uomini vicini ai servizi segreti, vede il riesplodere di quella miscela esplosiva già emersa in altre inchieste: politica, professionisti e servitori infedeli dello Stato.
L'indagine ha però un altro pregio: riporta sotto i riflettori le infiltrazioni degli affari illeciti riconducibili alle cosche calabresi, in Lombardia e nel resto d'Italia. Tra gli arrestati ci sono infatti Francesco Lampada per corruzione e intestazione fittizia di beni, già detenuto per associazione mafiosa, concorso in usura e intestazione fittizia di beni, Giulio Giuseppe Lampada, per associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreti d'ufficio, intestazione fittizia di beni e Leonardo Valle per associazione mafiosa, corruzione e intestazione fittizia di beni. Ai domiciliari, invece, è finita Maria Valle, moglie di Francesco Lampada, per corruzione.
Valle – tra la provincia di Pavia e recentemente fino al cuore di Milano – è una delle storiche famiglie che da Archi (motore pulsante della 'ndrangheta reggina) alla fine degli anni Sessanta si sono insediate in Lombardia dove hanno messo solide radici anche in politica. L'asse tra Valle e la famiglia Lampada è conosciuto da tempo e infatti tra le carte dell'ordinanza emerge che proprio il clan Lampada puntava, nel 2009, ad ottenere la concessione dei Monopoli di Stato per i giochi d'azzardo. Il tentativo, fallito, prevedeva che la scalata fosse agevolata da politici locali e nazionali che, in cambio del favore, avrebbero ricevuto voti nelle varie competizioni elettorali. Nell'ordinanza, comunque, sono molti i nomi dei politici passati al setaccio e comunque non indagati – dalla Calabria alla Lombardia passando per l'Emilia Romagna – che avrebbero ricevuto il sostegno delle cosche calabresi. Senza distinzione di colore politico.
Le reazioni sono state misurate. «Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa», ha detto il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, mentre il capo della Procura di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, ha affermato: «Spero almeno che non si dica più che le indagini si fermano sulla soglia della cosiddetta "zona grigia"».
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