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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 08:22.

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PARIGI. Lunedì, al termine di un vertice all'Eliseo tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, Francia e Germania presenteranno le loro proposte per un nuovo Trattato europeo. In un discorso di 52 minuti davanti a una claque di 5mila persone allo Zenith di Tolone, dove tre anni fa parlò a lungo di un'altra crisi, Sarkozy ha tracciato ieri le grandi linee della mediazione raggiunta con Berlino, dell'accordo in fase di messa a punto.

Parigi sembra aver incassato il via libera tedesco sulla solidarietà: «Se vogliamo che l'euro sopravviva - ha detto il presidente - non abbiamo altra scelta che quella di opporre una solidarietà senza tentennamenti a tutti quelli che dubitano dell'avvenire della moneta unica e speculano sulla sua fine. Deve essere assolutamente chiaro che tutti i Paesi dell'Eurozona saranno solidali. Deve essere assolutamente chiaro che quanto è avvenuto con la Grecia non si ripeterà. Deve essere assolutamente chiaro che in futuro nessuno perderà un centesimo sul rimborso di un prestito accordato a un Paese della zona euro».

Il riferimento esplicito è all'Efsf, a quello che Sarkozy chiama Fondo monetario europeo e che «deciderà a maggioranza qualificata» (come peraltro la futura Europa). Ma quello tra le righe pare essere agli eurobond, alle obbligazioni europee, a una forma insomma di mutualizzazione del debito.

Dall'altra parte c'è il disco verde francese alle sanzioni automatiche nei confronti di chi non rispetta i vincoli di bilancio: «Questa solidarietà senza incrinature non è immaginabile senza una disciplina più stretta. Esaminiamo insieme i nostri budget, instauriamo sanzioni più rapide, più automatiche e più severe per chi viene meno agli impegni».
Sul delicato tema della governance, Sarkozy ha invece ribadito la posizione di sempre: «La crisi ha spinto i capi di Stato e di Governo ad assumersi responsabilità crescenti perché in fondo sono i soli ad avere la legittimità democratica che permette loro di decidere. È attraverso un sistema intergovernativo che passerà l'integrazione europea, perché l'Europa deve fare delle scelte strategiche, delle scelte politiche. La rifondazione dell'Europa non è la strada verso più sovranazionalità».

Quanto alla Bce, Sarkozy si è sforzato di non esercitare pressioni, riconoscendo però che le prime mosse di Mario Draghi vanno nella direzione giusta: «La Banca centrale europea ha certo un ruolo determinante da giocare. Non voglio entrare nel dibattito su quanto le autorizzano a fare i suoi statuti. La Bce è indipendente e lo resterà. Sono convinto che di fronte al rischio di deflazione che minaccia l'Europa, la Bce agirà. Sarà lei a decidere quando e con quali mezzi. È la sua responsabilità. Nessuno dubita che l'assumerà e d'altronde mi compiaccio che abbia già cominciato a farlo».

«L'Europa - ha sottolineato il presidente francese - può essere spazzata via dalla crisi se non cambia. Dall'inizio della crisi l'Europa ha deluso. Il Trattato di Maastricht si è rivelato imperfetto. Oggi, in una situazione estrema, dobbiamo tornare all'essenziale. Più disciplina, più solidarietà, più responsabilità politica per un vero Governo economico. Questa è la visione che Francia e Germania hanno dell'avvenire della zona euro e della riforma dei trattati».

E questo è il messaggio politico sul «ripensamento dell'Europa» - cui oggi si aggiungerà quello della Merkel con un intervento al Bundestag - che lunedì dovrà essere riempito di contenuti, in vista del Consiglio del 9.
Una cosa per ora è chiara: la conferma solenne del direttorio Merkel-Sarkozy, «zona di stabilità e fiducia, motore della competitività europea».

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