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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2011 alle ore 21:10.

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Ammesso e difficilmente concesso che i vertici europei siano decisivi, ci si sta affezionando alle date ultimatum. Non importa avere la consapevolezza che un incontro e un annuncio non abbiano finora risolto alcunché: gli investitori sperano nel «giorno del giudizio», scrive oggi il Financial Times, che metta ordine allo spread capriccioso, rassicuri i mercati in crisi di nervi, dia risposte a Washington e Pechino.

Che l'Europa abbia bisogno di un orizzonte sembra ora convinzione del cancelliere Angela Merkel, perentoria ieri al Parlamento tedesco: il 9 dicembre, ha detto, «andiamo a Bruxelles per cambiare i Trattati». Ancora una volta da quando è stata conclamata la malattia dell'Italia - Stato fondatore, troppo grosso e importante per fallire - si apre lunedì 5 dicembre l'ennesima «settimana decisiva per l'euro».

Il cancelliere tedesco vuole cambiare i trattati europei per arrivare a un'unità fiscale nell'Eurozona, ma preoccupata per le ricadute elettorali delle sue scelte, dice no agli eurobond e a un diverso ruolo della Banca centrale europea, che alcuni invocano come prestatore di ultima istanza, comunque più somigliante alla Federal Reserve americana. Non sono di buon auspicio le parole di un padre dell'euro ed ex presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995 come Jacques Delors che al Daily Telegraph, quotidiano conservatore della tradizionale euroscettica Gran Bretagna, dice: «L'euro è partito male sin dall'inizio» anche per colpa di leader che «hanno fallito». «Tutti devono farsi un esame di coscienza» perché «i ministri delle Finanze non hanno voluto vedere quello che avrebbe potuto far sorgere dei problemi». Il colpevole? «La combinazione fra l'ostinazione tedesca sull'idea del controllo monetario e l'assenza di una visione chiara da parte di tutti gli altri Paesi».

In queste ore coloro che sono chiamati a dare una seconda chance all'euro sono costretti a chiarirsi le idee.

Il premier Monti che il 24 novembre ha racconto le lodi del direttorio franco-tedesco, ma in queste ore è alle prese con la trattativa sulla Manovra dei Sacrifici.

Sarkozy, che nel 2012 si gioca la rielezione alla presidenza della Repubblica, e che a Tolone dice: «Se vogliamo che l'euro sopravviva, non abbiamo altra scelta che quella di opporre una solidarietà senza tentennamenti. Deve essere assolutamente chiaro che tutti i Paesi dell'Eurozona saranno solidali. Deve essere assolutamente chiaro che quanto è avvenuto con la Grecia non si ripeterà. Deve essere assolutamente chiaro che in futuro nessuno perderà un centesimo sul rimborso di un prestito accordato a un Paese della zona euro».

Lunedì 5 dicembre con l'incontro Merkel-Sarkozy e l'8 e 9 dicembre a Bruxelles dove ci sarà anche Monti si deve decidere cosa vuole dire solidarietà fra gli Stati: rafforzamento del Fondo salva stati, intervento delle Banche centrali attraverso il Fondo monetario internazionale, o l'ipotesi più rosea per l'Europa di serie B - i Paesi indebitati - poco amata dai tedeschi: gli eurobond che permetterebbero di rateizzare il debito dello Stato come un mutuo.

Si tratterà comunque di una scelta politica per risolvere la crisi economica mondiale e scongiurare il rischio di una Lehman Brothers mondiale. In questo susseguirsi di incontri e dossier, di lavorio incessante delle cancellerie, questa settimana decisiva per l'euro potrebbe chiarire ai più come si muoverà il neopresidente della Bce Mario Draghi, l'uomo che sembra agire from behind. (An. Man.)

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