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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2011 alle ore 18:31.

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Più che unire, le discussioni sulla riforma del trattato di Lisbona (in vigore da dicembre 2009) rischiano di diventare un altro cavallo di Troia dentro il perimetro sempre più fragile della zona dell'euro e dell'Unione europea. Il cancelliere tedesco Angela Merkel si appresta domani a siglare un patto con il presidente francese Nicolas Sarkozy per portare al vertice Ue di giovedì sera e venerdì le proposte comuni di Germania e Francia per una modifica istituzionale della Ue che scriva sulla «pietra» nuove regole di rigore e di disciplina di bilancio.

I dubbi però non mancano. In particolare, da oltremanica. Due giorni fa era stato il premier britannico David Cameron a mettere le mani avanti: se l'Europa decidesse di cambiare il trattato, Londra dovrebbe essere «protetta» nei suoi interessi, anzi rafforzata, aveva detto dopo un incontro con il presidente francese.

Oggi, è il vicepremier Nick Clegg, il più europeista all'interno del governo inglese, a mettere in guardia i partner: attenzione a riesaminare i trattati perché si rischia di aprire il vaso di Pandora, mentre la crisi in atto richiede «soluzioni rapide», ha detto Clegg. Il leader liberale riconosce che le regole della zona dell'euro devono essere cambiate e rinforzate, ma chiede che lo si faccia «con il minimo sforzo istituzionale perchè se si cominciano a esaminare tutti i dossier contemplando il proprio ombelico, sarebbe molto dannoso considerato il bisogno urgente di trovare rapidamente soluzioni per la zona euro». Cameron e Clegg sono molto preoccupati dall'ala più euroscettica del partito conservatore britannico che vuole riportare da Bruxelles a Londra competenze in materia sociale e finanziario, in caso si rimetta mano al Trattato.

Chi ricorda prima la bocciatura nei referendum di Francia e Olanda della Costituzione Ue e dopo il difficile processo di ratifica del Trattato di Lisbona (con il no della consultazione popolare irlandese), guarda come a un incubo la necessaria procedura di ratifica all'unanimità tra tutti e 27 i Paesi della Ue. Ma l'alternativa potrebbe anche essere peggiore: un accordo solo tra i 17 paesi dell'euro, con la creazione de facto di un'Europa a due o tre velocità. La Commissione Ue non si tira indietro sulla necessità di procedere a modifiche se indirizzate a rafforzare la governance economica e garantire un più forte sostegno all'euro, limitate cioè all'articolo 136 e al protocollo 14, che regolano la sorveglianza e la disciplina di bilancio. Ma ritiene che facciano parte della soluzione a medio-lungo termine. «Bisogna fare cambiamenti là dove necessario, ma le modifiche non devono essere una scusa per ritardare le riforme necessarie da subito» ha detto il presidente Josè Manuel Barroso. L'euroesecutivo, peraltro, è molto più vicino alle proposte sulla sorveglianza rafforzata della Merkel di quanto, per ora, non lo sia Sarkozy. Bruxelles, come Berlino, è favorevole a un super-commissario europeo che abbia il potere di intervenire direttamente sui bilanci nazionali. Ed è d'accordo, in linea di principio, anche sulla messa in campo della Corte di giustizia Ue per perseguire i paesi che violano le regole sui conti pubblici. Un' ipotesi, quest'ultima, totalmente indigesta a Parigi.

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